Milano è un modello perchè non dipende da chi la governa. Una prova evidente di questo è il successo dei suoi sindaci: i sindaci di Milano sono stati a capo di amministrazioni che hanno fatto crescere la città. Al di là delle fazioni bisogna riconoscere che il giudizio di tutte le amministrazioni milanesi è generalmente positivo, eppure nessun sindaco di Milano è riuscito ad assumere un ruolo importante nella politica nazionale. Formentini, Albertini, Letizia Moratti, Pisapia e i sindaci che li hanno preceduti sono tutti spariti a livello nazionale a differenza, ad esempio, di loro colleghi romani, come Rutelli o Veltroni.
Che significa questo? Che mentre per governare Roma è essenziale che il sindaco sia straordinario, a Milano basta non inceppare una macchina che funziona bene.
Purtroppo l’Italia sembra più simile a Roma, ossia una macchina piuttosto scassata che ha bisogno di un governo eccezionale. Milano è altra cosa: funziona nonostante chi la guida ed ha caratteristiche uniche che sarebbero molto utili al resto del Paese.
Il “modello Milano”: le caratteristiche da portare in Italia
Armonia e fiducia tra cittadini e amministrazione
In Italia il cittadino è al servizio della burocrazia, mentre a Milano, a parte eccezioni, il rapporto tra i due soggetti è molto più armonico, spesso alla pari, a volte capovolto rispetto a quello nazionale: l’amministrazione si pone al servizio dei cittadini, non viceversa.
C’è un senso di rispetto se non di fiducia reciproca tra amministrazione e cittadino che difficilmente la si ritrova nella burocrazia dello Stato italiano.
Questo si traduce in minori costi di controllo perchè è un sistema che si autoregola in modo naturale e stimola l’economia perchè si dedicano più tempo e più risorse a produrre piuttosto che a controllare o a bloccare.
L’Italia è un sistema, Milano è un ecosistema
La struttura dello Stato italiano ha determinato la formazione di un sistema organizzato in gerarchie e rigidi automatismi. Milano è invece un ecosistema dove i diversi soggetti convivono in modo più flessibile e funzionale. E’ una comunità liquida, nel senso che amministrazione, imprese, enti e cittadini cooperano innescando flussi di azioni e di informazioni circolari, invece che dall’alto al basso.
Un ecosistema garantisce molti vantaggi rispetto a un sistema, specie in un mondo in continua trasformazione e strettamente connesso com’è quello in cui viviamo. Favorisce l’alimentazione e lo sviluppo che sono invece ostacolati dagli standard fissi determinati da un dirigismo centralista e monodirezionale, come quello che avviene nello Stato.
L’attenzione alle esternalità positive (benefici non monetari per la comunità)
In gergo economico il valore prodotto in una comunità si misura nella somma tra reddito ed esternalità positive. Le esternalità sono tutte le componenti che impattano la vita delle persone ma che non hanno una misurazione economica. Mentre lo Stato è dominato da logiche di economia strettamente economica, a Milano si fa molta attenzione ai benefici arrecati alla comunità, anche se non sono misurabili in termini di ricchezza prodotta. Esempi di esternalità positive sono le piste ciclabili, la riduzione delle emissioni di inquinanti, il verde pubblico, la sicurezza, mezzi pubblici puntuali, strade in buono stato o assenza di rifiuti. Questi elementi a Milano sono centrali nel dibattito politico e sociale, mentre a livello nazionale l’aspetto esclusivamente economico è dominante, come attesta la questione reddito cittadinanza-flat tax.
Imprese e organizzazioni che svolgono attività sociali
In un modello ecosistema in cui hanno importanza i benefici non monetari per la comunità è naturale che ci siano soggetti incentivati a porre in essere attività ad alto impatto sociale. Milano è capitale nel terzo settore, con associazioni ed enti no profit, ma non solo. E’ anche una città in cui molte imprese non si limitano a perseguire il loro successo ma si preoccupano di avere un impatto positivo nella comunità. In più, diversi servizi di rilevanza sociale vengono forniti direttamente da privati, come le attività della sharing economy o le app di supporto e di informazione su servizi pubblici.
A Milano l’impatto sociale produce economia e benessere, cosa che difficilmente avviene a livello nazionale.
Lo spirito di comunità
L’Italia è divisa, Milano è unita. Entrambe sono costituite da cittadini che hanno idee, caratteristiche e stili di vita diversi. Anche a Milano ci sono gruppi che difficilmente entrano in contatto tra loro, esistono barriere invisibili tra classi sociali o aree. Eppure rispetto all’Italia a Milano ognuno si sente parte di una comunità. Questo perchè vivere a Milano significa sentirsi parte della città, considerarla come cosa propria di cui bisogna avere cura e per cui bisogna darsi da fare. Uno spirito di comunità che si fa vivo quando ci sono problemi, come gli imbrattamenti a inizio di Expo, e che si basa su una mentalità di un cittadino che si sente responsabile di quello che viene fatto o non fatto nella sua città. E che agisce di conseguenza.
Lo spirito di comunità favorisce lo sviluppo dell’economia, la collaborazione e riduce le spese dello Stato semplicemente perchè lo Stato deve fare meno per tutelare e valorizzare il bene comune.
Orientamento al fare
Milano è una città non sempre facile. Pretende molto da chi ci vive. E’ una città che giudica e che può risultare diffidente e sprezzante. Eppure è una città aperta e tollerante con tutti, nel senso che per farsi accettare basta una cosa sola: darsi da fare. Se tu ti impegni, lavori e ti rendi utile, non importa chi sei o da dove vieni: Milano ti accoglie con le braccia aperte. Milano sa essere spietata con chi distrugge o perde tempo, ma è molto generosa con chi si rimbocca le maniche.
Un orientamento al fare che pone tutti sullo stesso livello e che se esteso al resto in Italia potrebbe consentire di superare barriere e intolleranza favorendo lo sviluppo di attività produttive e di una mentalità costruttiva e rispettosa del lavoro.
Media e cultura sono uno stimolo al miglioramento
In Italia si fanno polemiche su tutto. Per uno che fa ci sono mille che criticano. E i media ingigantiscono tutto questo alimentando un clima di fango che avvelena le coscienze. A Milano non è così. Anzi, gli stessi media che a livello nazionale danno fiato alla negatività, a Milano si concentrano sui fatti e sono orientati a favorire un miglioramento della situazione con indicazioni, stimoli o critiche costruttive. Gli stessi milanesi non amano le sterili polemiche e disdegnano chi rappresenta la città in modo denigratorio.
Vivere in una cultura orientata al miglioramento consentirebbe al resto del Paese di incentivare a fare invece che a vivere per denigrare gli altri.
Qualificare e valorizzare le eccellenze
Mentre in Italia si passa gran parte del tempo a dibattere su ciò che non funziona, Milano è invece fiera delle sue eccellenze. La Scala, il Fuorisalone, la Moda, le imprese di punta, i grattacieli, le trasformazioni urbane sono vissute dai cittadini come motivo di orgoglio personale. Anche perchè ognuno sa in cuor suo che una parte rilevante del successo di qualcuno deriva dall’ambiente in cui quel successo prende forma. Proprio per questo i cittadini sono felici delle iniziative di successo della città così come chi ha successo tende a ridare parte della sua fortuna alla comunità.
Tutto questo purtroppo manca in Italia dove si tende più spesso a gioire delle disgrazie che dei successi degli altri.
Il coraggio di mettersi in gioco a livello internazionale
L’Italia vive in un senso di inferiorità nei confronti dell’estero. Tende a evitare il confronto con i Paesi più evoluti per non provare la frustrazione del vedersi indietro. Questo atteggiamento la porta a perdere lo stimolo a una competizione migliorativa e vedere l’estero con inferiorità porta l’Italia spesso a subire passivamente ciò che accade al di fuori dei nostri confini. A Milano questo non esiste. Milano vive il mondo come un terreno di sfida in cui ambire a giocare da protagonisti. Questo modo di confrontarsi ha portato Milano a crearsi degli spazi di eccellenza mondiale e riconosciuta. E se accade di perdere, come è stato per l’Ema, Milano si rialza e rilancia. Anche perché se non è Ema, saranno le Olimpiadi.
ANDREA ZOPPOLATO