Ogni forma di autoritarismo si basa sull’affermazione di un dogma ritenuto al di sopra di tutto e non in discussione.
In passato si sono giustificate tirannie o guerre basate su una fede religiosa, sulla superiorità di un popolo rispetto a un altro o sul considerare inferiori e non degni di diritti quelli che si dissociavano dalle linee guida del potere.
Una caratteristica di questi momenti storici era che il popolo si riconosceva nel dogma e quindi il potere agiva indisturbato anche contro diritti fondamentali e universali.
Qual è il dogma della società di oggi? La sicurezza.
In nome della sicurezza si sta legittimando qualunque cosa. Sia a livello sociale che individuale. Il valore della sicurezza è messo anche al di sopra della vita umana. Ad esempio, la vita del singolo ha un valore inferiore alla sicurezza, vera o presunta, della società.
Ma dove sta scritto che il fine di un individuo o di una società nel suo complesso sia la sicurezza?
A livello individuale la vita è connessa con il rischio. Vivere in sicurezza è una delle interpretazioni possibili dell’esistenza, ma nessuno potrebbe sostenere con saggezza che sia una priorità al di sopra delle altre.
A livello sociale storicamente non si è mai considerata la sicurezza come obiettivo primario. Le Costituzioni moderne non ne fanno menzione, anzi descrivono sempre che le finalità sono quelle di una vita dignitosa, del benessere, fino a spingersi al concetto di felicità.
Siccome la sicurezza è considerata un assoluto, viene recepita in maniera acritica: chiunque professi qualunque cosa in nome della sicurezza allora viene considerato nel giusto.
Il vero problema non è la sicurezza in sé ma elevarla a dogma assoluto, unico valore preso in considerazione. Tutte le volte che in una società viene introdotto un concetto che diventa un idolo, gli individui perdono di vista i valori fondamentali e finiscono col rinunciare a tutto per perseguire questo fine.
Un fine che, nel caso della sicurezza, è irraggiungibile.
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