La politica dei nostri tempi vive di azione-reazione. Una politica dell’emergenza ormai centrata sull’azione per decreto del governo senza coinvolgimento del Parlamento.
Questo vuol dire che il potere esecutivo e il potere legislativo sono in mano allo stesso organo. La divisione dei poteri è basata sulla consapevolezza che ogni decisione politica ha molte sfaccettature.
Il governo deve decidere di agire sulla base di una istanza o di un problema. Ma poi serve il Parlamento proprio per mettere in luce tutte le ricadute della decisione in modo da poter arrivare a una soluzione ottimale che tenga conto di ogni impatto.
Invece lasciare tutto al governo che è spinto spesso dall’emotività dell’urgenza porta a perdere di vista l’altra faccia della medaglia di ogni decisione e in generale il fine ultimo dell’azione politica che è quella di promuovere il bene comune.
Anche perché non considerare l’altra faccia della medaglia significa aprire in continuazione nuove emergenze che innescheranno nuove decisioni che provocheranno nuove emergenze, vanificando se non peggiorando gli effetti del primo provvedimento.
I provvedimenti si annullano a vicenda lasciando sul campo macerie di burocrazia che rendono impossibile l’agire delle persone. Anche quando non producono nessun effetto creano quasi sempre una situazione peggiore della precedente.
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