La sinistra è nata per essere dalla parte dei più deboli, degli ultimi, al limite anche per la disobbedienza contro le leggi ingiuste in nome della difesa dei diritti delle persone.
Invece adesso assistiamo all’inversione.
Gli esponenti della sinistra sono diventati paladini dell’autorità, sacerdoti della chiusura e considerano gli strumenti di lotta sociale tipici della sinistra, come le manifestazioni o la disobbedienza contro leggi ingiuste, come una cosa inaccettabile.
La sinistra dell’uguaglianza e dei diritti civili è ora quella che crea disuguaglianza sociale e sta deteriorando la condizione proprio delle classi più deboli e disagiate. In nome della sicurezza hanno abdicato a tutti i valori fondanti del pensiero e della cultura progressista.
E lo stesso processo di annullamento è avvenuto anche a destra. Era il terreno dell’iniziativa imprenditoriale, della libertà individuale e dei valori del mercato.
Anche questo è scomparso, dopo decenni di regressione, in cui il concetto di libertà individuale è diventato una minaccia e il potere dello stato è ritenuto l’unica salvezza.
Assistiamo a una centralizzazione della politica e dei poteri. Destra e sinistra come si sono conosciute a partire dall’ottocento si sono dissolte in un centrismo dispotico e caotico.
La polarizzazione non è più tra destra e sinistra ma all’interno della destra e della sinistra. Tra chi difende un controllo e un potere totale accentrato nel governo e nella macchina dello stato e chi invece ritiene che l’unica via di uscita alla crisi passi attraverso il recupero della divisione dei poteri, dei diritti civili e delle libertà individuali.
Chi non si riconosce in questo minestrone centrista e totalitario non ritrova una via di uscita né a destra né a sinistra.
Dovrebbe formarsi un’altra cosa ma che non potrà essere né destra né sinistra.
È possibile che da questa emergenza, ormai divenuta strutturale, prenda forma una nuova distinzione ideologica che trascenda destra e sinistra come sono state intese fin dalla loro origine.
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