Come un giocatore di scacchi deve prevedere le mosse del nemico così le persone più avvedute cercano di immaginare i pericoli all’orizzonte per procurarsi le risorse necessarie per affrontarli.
Il worst case scenario è un approccio normalmente utilizzato nelle aziende per evitare di farsi cogliere impreparati in una situazione di emergenza. Sostanzialmente si tratta di immaginare il peggio che potrebbe accadere e predisporre un piano per scongiurare le conseguenze peggiori.
Nel momento in cui la Russia sta invadendo l’Ucraina gettando nel panico l’intero pianeta qual è il worst case scenario che possiamo realisticamente immaginare? E a quel punto quali comportamenti potremmo mettere in atto?
Lo scenario più auspicabile tra quelli più verosimili è che Putin si limiti a prendere i territori di lingua e cultura russa dell’Ucraina mantenendo il resto del Paese come stato cuscinetto con l’Occidente. E a quel punto la diplomazia riesca a disinnescare l’escalation accettando una smilitarizzazione dei territori confinanti con la Russia e si torni così ad avere una situazione di equilibrio e una stabilità nelle relazioni internazionali.
Lo scenario peggiore sarebbe invece che Putin decidesse di annettere tutta l’Ucraina procedendo anche oltre, rivendicando altri territori dell’ex Unione Sovietica, come i Paesi Baltici o altre zone dell’Asia, innescando un comportamento simile anche della Cina nei confronti di Taiwan. E che l’Occidente di conseguenza intervenga militarmente facendo scoppiare un conflitto armato di proporzioni mondiali.
Questa escalation si accompagnerebbe a un’impennata dei prezzi delle materie prime difficilmente risolvibile nel breve periodo, insieme a un crollo sui mercati finanziari con la possibile esplosione di bolle inflattive come avvenuto in ogni conflitto del secolo scorso che potrebbe azzerare tutti i risparmi in valuta.
Considerando che rispetto al passato viviamo in un mondo molto più interconnesso e forse anche più fragile, perché non abituati a situazione di emergenza endemica come una guerra, una carestia o un grave choc economico, urge quella che i filosofi antichi chiamavano metànoia, un cambiamento di mentalità per passare da una situazione di pace a una di guerra.
Quali sono dei comportamenti sensati che potremmo mettere dunque in atto considerando questa possibilità di scenario peggiore?
Innanzitutto, cercare di trasformare ogni attività finanziaria in un’attività reale, acquisendo beni con un valore intrinseco, come oro, argento o le stesse materie prime.
Chi opera con determinati materiali dovrebbe cercare di acquisire in anticipo il massimo di approvvigionamento per garantirsi una produzione duratura.
L’orizzonte per le scorte deve estendersi il più a lungo possibile, in modo da potersi garantire il proprio sostentamento immaginando anche anni di ristrettezze.
Conviene trovare già dei luoghi dove trasferirsi nel caso che la situazione degeneri, meglio sicuramente stare in campagna o nei pressi di aree dove si producono beni di sussistenza.
Anche ipotizzare di trasferirsi in nazioni da sempre neutrali a forme belliche, come ad esempio la vicina Svizzera, non è da sottovalutare.
Infine, da non trascurare l’aspetto di comunità. Dopo un periodo in cui la diffidenza, e spesso l’ostilità, nei confronti dell’altro l’ha fatta da padrone occorre la capacità di riunirsi considerando il vicino come un proprio fratello a cui dare e ricevere un supporto che potrebbe rivelarsi decisivo anche per la propria sopravvivenza.
Mettere al sicuro i propri beni, cambiare approccio mentale e attivare iniziative di cooperazione con gli altri sono i tre obiettivi primari per affrontare più preparati tutti i possibili scenari.
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