Le grandi lotte dei popoli sono state fatte per limitare i poteri dell’autorità. In nome di queste rivendicazioni l’autorità concedeva una Costituzione.
Le Costituzioni sono nate proprio per regolamentare l’uso del potere e tutelare i cittadini dai soprusi dell’autorità.
Anche l’unica rivoluzione milanese, le cinque giornate, si è scatenata per difendere una libertà, quella di fumare. Una libertà che oggi viene ritenuta di nessun valore con un divieto che è considerato legittimo anche negli spazi aperti.
In passato la libertà era considerata la premessa per essere sicuri. Perché era l’autorità che spesso rappresentava il maggiore pericolo per la proprietà e anche per la vita delle persone, con atti di repressione o attraverso le guerre.
La paura un tempo era legata all’assenza della certezza del diritto. Nel momento in cui abbiamo ottenuta una certezza del diritto la paura non è più quella, perché è data per scontata, ma è diventata la salute. Paradossalmente ora si combatte non per la libertà ma per la chiusura, ossia per chiedere la soppressione della libertà.
Sotto questo aspetto siamo tornati indietro di secoli. Perché abbiamo ridato all’autorità un potere simile a quello che aveva nella notte dei tempi. Il potere di chiudere unilateralmente ogni attività economica, di limitare il movimento delle persone, di stabilire quando si può uscire di casa, di decidere sulla salute dei singoli e delle famiglie.
Più che lockdown sì o lockdown no, patente vaccinale sì o no, oppure altre questioni legate all’emergenza sanitaria, forse la questione centrale da considerare è sul ruolo che i cittadini si sentono di avere nei confronti dell’autorità.
Anche solo per rispetto a secoli di lotte per la conquista di diritti fondamentali, dovremmo tutti quanti avere il coraggio di non rinunciare a diritti per cui tanti nostri antenati sono arrivati a sacrificare la vita.
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