L’immagine degli italiani è abbinata a stereotipi. A ben guardare si tratta di stereotipi spesso lontani dalla verità.
All’estero ogni italiano è considerato un mafioso che lavora in pizzeria e suona il mandolino. In perenne ritardo, inaffidabile, anarchico e un mezzo delinquente. Poi si scopre che quelli che lavorano con più impegno sono proprio i nostri connazionali e, anche se gli stranieri non ci credono, sono pochi gli italiani che possono vantare frequentazioni con la criminalità organizzata.
Le stesse statistiche mostrano come il tasso di criminalità in Italia è inferiore rispetto a quello della maggioranza dei paesi europei, compresi quelli che hanno un’immagine completamente opposta.
La cosa bizzarra è che alcuni di questi stereotipi sono validati anche dagli italiani stessi. Un esempio è quello del luogo comune dell’italiano indisciplinato, anarchico, un delinquente che non rispetta le regole.
Quest’anno di emergenza ha mostrato con evidenza che non è così.
Chiunque abbia avuto esperienze all’estero nell’ultimo anno ha potuto constatare che in nessun luogo c’è stata un’osservanza così rigida alle regole anti Covid come si è avuta in Italia.
Una prova sperimentale sono gli studi che hanno rilevato la mobilità dei cittadini durante il primo lockdown: Milano è risultata la città al mondo in cui nei mesi di chiusura totale le persone si sono mosse di meno. (qui lo studio)
Lo stesso vale per le mascherine. Anche se ufficialmente la normativa le imponga all’aperto solo nel caso in cui non si possa garantire il distanziamento con gli altri basta circolare nelle nostre strade per vedere quanto la stragrande maggioranza dei cittadini non solo rispetta questa regola ma addirittura va oltre indossandola sempre e facendola indossare anche agli altri.
In ogni nazione si rilevano fenomeni di ribellione e di proteste di massa nelle piazze, ma in Italia non è mai avvenuto niente di serio.
Tutti i dati sperimentali mostrano che siamo un popolo molto ubbidiente, rispettoso delle regole e timoroso dell’autorità.
Eppure non solo all’estero pensano il contrario ma gli italiani stessi anche di fronte l’evidenza continuano a ritenere l’indisciplina dei loro connazionali come un dogma, che è alla base dei pessimi risultati sanitari ottenuti dalle misure adottate e che costituisce una eccezione rispetto al senso di legalità diffuso negli altri paesi.
È come se ci fosse uno specchio deforme, in cui l’immagine degli italiani viene distorta e percepita diversamente da quello che avviene nella realtà. Forse si tratta di una questione culturale, forse si tratta anche di un problema di auto coscienza individuale.
Se fossimo capaci di guardare la realtà per quello che è, e non per quello che viene veicolata, potremmo affrontare con più obiettività e fiducia i problemi reali che incontriamo individualmente e come popolo.
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MILANO CITTA’ STATO
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