Il rialzo record dei costi dell’energia ha un altro lato della medaglia che potrebbe non essere così negativo.
Uno dei settori più colpiti dal rincaro è quello dei trasporti. Per muovere le cose ci vuole energia. La globalizzazione si regge sul basso costo dell’energia, perché consente di muovere i prodotti in tutto al mondo a basso prezzo. Ma se i costi di trasporto si alzano diventa sempre meno conveniente spostare le merci.
Questo può portare a un punto di rottura per la globalizzazione, rendendo più conveniente approvvigionarsi nelle vicinanze. Questo significa che si potrebbe arrivare a un’affermazione del chilometro zero come reazione al caro energia, privilegiando il ritorno a una economia di prossimità in cui la vicinanza sia un fattore più rilevante dell’economia di scala.
Le conseguenze nel breve periodo possono condurre al ritorno a un consumo locale e alla distruzione dell’economia di scala che potrebbe portare a un impoverimento generalizzato, perché produrre tutto in un posto consente un vantaggio economico.
Però, a fronte di un impoverimento globale causato dai costi energetici si potrà avere un arricchimento culturale a seguito della fine di un mondo omologato e tutto uguale, con la riscoperta invece della diversità figlia dei differenti territori e mentalità. Quindi se il rialzo delle materie prime diventasse strutturale potrebbe essere il preludio a un passaggio dall’economia della quantità, del PIL e degli strumenti finanziari a un nuovo assetto che tenga in considerazione una valutazione più olistica e individuale di ricchezza e di benessere, scollegati da mode generalizzate e connessi di più ai valori e agli stili di vita dei singoli.
Dal generale si tornerà al particolare, alla nicchia, all’unicità. Questo potrebbe aumentare la diversità culturale e l’originalità del complesso delle manifestazioni umane. Meno energia alle macchine forse porterà ad avere più energia nella mente degli esseri umani.
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