L’acquisizione di una libertà virtuale ci sta rendendo più disponibili alla perdita della libertà reale.
Fino a trent’anni fa sarebbe stato impossibile applicare il confinamento come soluzione di salute pubblica. Sia per un motivo politico, perché il confinamento veniva associato alle dittature del novecento, sia per le caratteristiche della vita quotidiana.
Perché fino ai primi anni novanta tutta la vita era fuori di casa. In casa si studiava, si mangiava e si dormiva. Fine. Tutta la vita consisteva in quello che accadeva fuori. Soprattutto vivere significava la ricerca della socialità e dell’incontro con gli altri. In quel caso non sarebbe stato mai stata accettato un limite ad uscire proprio perché sarebbe stato interpretato automaticamente come perdere la vita.
La libertà era al centro non solo della vita quotidiana ma era un pilastro della politica. Nella politica interna si rivendicava una maggiore libertà per il singolo o per le diverse categorie, con la progressiva conquista sociale di diritti e libertà sempre più ampi. E anche a livello internazionale sulla spinta della voglia di libertà dei popoli si assisteva al crollo dei muri e alla nascita di un mondo senza frontiere.
Tutte cose che oggi sono state barattate in campo di una buona connessione internet e di un rapido servizio delivery.
Kim Jong-un è il nuovo vate della nostra epoca?
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