Pensiero del giorno. Torna d’attualità la frase di Andreotti sul potere assoluto. In quest’epoca sta tornando in auge l’idea che ha prosperato negli anni venti e trenta del secolo scorso: il mito dell’autorità onnipotente che fa il bene del suo popolo esercitando ogni forma di imposizione e disponendo della vita delle persone esigendo obbedienza assoluta.
Sembra naturale ormai accettare di affidare ogni scelta della nostra vita a un’autorità esterna. Sembra naturale ritenere che l’accentramento di poteri sia la soluzione per un’emergenza anche se, dopo un anno di poteri accentrati, questa emergenza non è stata minimamente risolta.
L’accentramento del potere non si esercita solo nell’attività legislativa ed esecutiva, ma anche nel modo di agire sull’opinione pubblica. Alimenta un atteggiamento fideistico verso qualunque decisione su cui si determina un tifo calcistico, invece di centrare l’analisi sulla sfera individuale, ossia per capire quanto ogni decisione stia portando beneficio a ognuno di noi e alla nostra comunità. Come le dittature del novecento si sposta il piano del dibattito su una contrapposizione ideologica invece che sul tema della scelta personale.
La politica degli anni del progresso nell’Italia del dopoguerra era una politica di mediazione di interessi, una mediazione che deve essere necessariamente basata sulla tolleranza delle idee diverse e sul rispetto per la libertà del cittadino nella sua sfera privata.
Lo stesso progresso della società si misura sulla base del progresso della libertà di scelta del cittadino, come è stato con il divorzio, l’aborto, il benessere economico fino ad arrivare anche alla riforma elettorale uninominale che ha dato più potere ai cittadini e meno ai partiti.
Adesso che internet ha dato un forte sviluppo alla possibilità di libertà è come se il potere, che si sente franare la terra sotto i piedi, per difendersi si sia messo a limitare l’azione degli individui. Una limitazione realizzata attraverso varie strategie tra cui quella di separare tra chi accetta in modo fideistico le decisioni del potere e chi invece, provando a giudicarle nel merito, viene denigrato e considerato un nemico da combattere.
La forza dell’Italia degli anni del progresso culturale ed economico è stata la capacità dei governi di essere uno strumento di mediazione e di pacificazione sociale. Mentre ora sono strumento di estremismo e di esasperazione delle differenze.
Anche perché mancando di una visione per il Paese hanno bisogno del conflitto per giustificare il proprio potere.
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MILANO CITTÀ STATO