Nelle antiche civiltà esisteva il giubileo dei debiti. Ogni cinquant’anni tutti i debiti venivano cancellati. Questo rispondeva all’esigenza di evitare che il rapporto creditore-debitore degenerasse nella perdita della libertà.
Erano consapevoli del fatto che se non si poneva un limite all’accumulo di ricchezza questa procede in modo illimitato, dividendo la società in padroni e schiavi. Non solo, i padroni diventano sempre più potenti e in questo modo possono arrivare non solo a decidere della vita delle persone ma addirittura a imporre il loro volere su chi governa.
Il giubileo rispondeva a un principio etico che al tempo stesso era essenziale per l’evoluzione della civiltà. Perché una civiltà di schiavi non consente alcuno sviluppo.
Il giubileo è stato abbandonato dalle società moderne che si reggono sempre più sul debito e quindi sulla dipendenza dai creditori. Nella nostra civiltà i più grandi debitori sono gli stati nazionali e i creditori sono grandi fondi internazionali che muovono più ricchezza dei singoli stati.
In un sistema del genere gli stati, e di conseguenza i cittadini, sono i nuovi schiavi mentre i governanti dei paesi più indebitati sono inevitabilmente espressione della volontà dei creditori.
Se più debito significa automaticamente perdita della libertà, preoccupa la tendenza degli attuali governanti ad aumentare sempre più il debito.
E forse non è un caso che a questo stia corrispondendo una progressiva perdita di libertà.
Come uscirne allora?
Forse la via di uscita ce la fornisce la storia. Potrebbe essere di ripristinare il giubileo, anche se è difficile immaginarlo. Oppure fare come nel Medio Evo quando grandi banchieri prestavano soldi agli stati e quando questo rapporto diventava troppo sbilanciato si interrompeva con il rifiuto di pagare il debito, con la cessione di terre o con lo scoppio di conflitti che producevano di fatto il reset del debito degli stati.
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