L’adrenalina della leggendaria vittoria azzurra in Spagna si era già intiepidita, quando un’emorragia cerebrale ci portò via Beppe Viola.
BEPPE VIOLA: il geniale raccontatore del calcio
# Il “raccontatore” dello sport
Era la sera del 17 ottobre 1982 e, uno dei giornalisti sportivi più carismatici e sanguigni, stava preparando il “pezzo” per la Domenica Sportiva sulla rocambolesca partita Inter-Napoli 2-2. A un tratto si accascia sulla scrivania, i colleghi accorrono, ma per Beppe non c’è più nulla da fare. Morirà la mattina dopo al Fatebenefratelli. Ha 43 anni ancora da compiere: davvero troppo giovane per lasciarci, troppo giovane per lasciare una moglie e quattro figlie piccole.
Beppe Viola (Peppi per l’amata e paziente consorte) non sarebbe corretto definirlo “cronista”, parola fredda per un appassionato delle “cose” come era lui. Viola era un “raccontatore” di sport, un narratore generoso, che nelle partite di calcio non si fermava al risultato, ai gol, alle azioni e alle statistiche. Lui amava il calcio (e lo faceva amare) con aneddoti, battute e comparazioni, che aiutavano a spiegare meglio la gara e i fatti.
# Una carriera molto varia: umorista, autore di canzoni, sceneggiatore e dialoghista
Era nato a Milano il 26 ottobre 1939 e sin da giovane aveva una grande voglia di comunicare, con la scrittura: chiamarlo “solo” giornalista è riduttivo, perchè Beppe Viola era anche umorista, autore di canzoni, sceneggiatore e dialoghista. Si, perchè scrisse anche per due film, “Cattivi pensieri” e “Romanzo popolare”. Le canzoni le componeva con l’amico Enzo Jannacci, con cui condivise l’infanzia in un cortile di via Lomellina. Lavorò anche per il cabaret, mettendo giù battute per Cochi e Renato, Massimo Boldi e Diego Abatantuono. Ma Beppe Viola fu anche scrittore e autore di riflessioni sulla rivista Linus. Tutte attività difficili da scindere tra loro, infatti basterebbe vedere e ascoltare un suo servizio televisivo per capire come, anche in una semplice intervista, Viola ci mettesse la battura del cabarettista, la riflessione dello scrittore e le atmosfere dello sceneggiatore.
Fu tra i conduttori de La Domenica Sportiva: quando c’era lui la trasmissione era più vera, più viva, ti dimenticavi quasi che dopo alcune ore c’era la sveglia che suonava e dovevi iniziare una settimana di lavoro o di studio. Beppe Viola, era bello sapere che c’era. Ecco perchè gli amanti del calcio e delle “cose raccontate e da raccontare” subirono la sua improvvisa mancanza con una sensazione di vuoto, di tristezza e di malinconia.
# L’uomo che entrò nelle case degli italiani come uno di famiglia
Intervistò Gianni Rivera sul Tram n. 15 e, il 27 marzo 1977, coniò un nuovo termine, il “derbycidio”, per descrivere un Inter-Milan finito con un nulla di fatto, nel risultato e nel gioco. E per sottolineare la bruttezza di quella gara, alla Domenica Sportiva, invece di trasmetterla, la sostituì con un Inter-Milan del 24 febbraio del 1963, ovvero il primo derby giocato da Sandro Mazzola, che segnò dopo 13 secondi dal fischio iniziale. Viola era geniale e coraggioso, non gli importava molto delle critiche degli altri, soprattutto se erano suoi “capi”.
Arrivò alla Rai nel 1961, si narra che all’esame d’assunzione, Enzo Biagi, componente della Commissione esaminatrice, gli chiese se Fanfani, in quella Dc, fosse più verso la sinistra o la destra e Viola rispose, “dipende dai giorni”. Quel piglio ironico, quella faccia da “non prendiamci troppo sul serio”, quegli occhi da ragazzo che aveva dormito poco la notte, entrarono presto nelle case degli italiani e gli italiani lo accolsero subito come uno di famiglia. Ecco perchè quando ci dissero che Beppe era morto, fu come aver perso un caro parente.
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FABIO BUFFA
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