Gianni Brera, il giornalista sportivo “lombardo-centrico e nazionalista lombardo”

Capace di cambiare il mondo del calcio sotto il profilo della dialettica, del costume e, addirittura, della tattica

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Gianni Brera

75 anni fa iniziava la straordinaria carriera di Gianni Brera, il giornalista sportivo per eccellenza, capace di cambiare il mondo del calcio sotto il profilo della dialettica, del costume e, addirittura, della tattica. Infatti furono diversi gli allenatori di serie A che, a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, prima di decidere il modulo della formazione da mettere in campo, sbirciavano gli articoli di Brera, per prendere ispirazione.

Gianni Brera, il giornalista sportivo “lombardo-centrico e nazionalista lombardo”

# La gavetta quando aveva sedici anni per il giornale milanese “Lo schermo sportivo”

Di sconosciuto – Archivio Gianni Brera – Fondazione Mondadori, Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=8491137 – Brera e Il Guerin Sportivo

Dicevamo di 75 anni fa: a dire il vero nel 1949 le sue dita si destreggiavano sui tasti delle macchina da scrivere da circa quattordici anni, visto che, quando ne aveva sedici, iniziò la gavetta giornalistica per il giornale milanese “Lo schermo sportivo”. Nel ’49, dopo aver seguito egregiamente per la Gazzetta dello Sport il Tour de France, capeggiato dai soliti Coppi e Bartali, gli viene assegnata la direzione della rosea, diventando il più giovane giornalista (di tutti i tempi) a guidare un grande giornale a tiratura nazionale.

# Un contadino prestato alla grande metropoli che aderì al fascismo prima mettersi a fianco dei partigiani

giannibrera. credit: https://www.oasport.it/

Prima di questa esperienza giocò a calcio, nella squadra del Liceo Carducci, nella AC Vittoria e nei Boys del Milan. Brera era nato a San Zenone al Po, piccolo paese agricolo in provincia di Pavia, l’8 settembre 1919: da bambino quel territorio gli riservava giochi e passeggiate lungo il fiume, tra boschi, i rivoli, gli argini e le ampie pozze d’acqua stagnante. Insomma, spirito agricolo, ma i suoi genitori lo mandano al Liceo Classico a Milano e da quel momento Gianni Brera diventa un contadino prestato alla grande metropoli. Dopo l’esperienza a “Lo schermo sportivo”, passò al Guerin Sportivo, tappa che coincise con l’inizio dell’Università (si laureò in Scienze Politiche). Ma Brera conobbe la guerra, in qualità di paracadutista, l’adesione all’infatuazione fascista e il ravvedimento, che lo portò ad aderire alla Resistenza al fianco dei partigiani.

# “Io sostengo tutte le squadre della mia regione, sono lombardo-centrico e nazionalista lombardo…”

Di Olycom – Lilli Carati, le foto di una carriera da icona, su gazzetta.it, 21 ottobre 2014. (file), Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=5599104 – ‘Il_corpo_della_ragassa’_-_Gianni_Brera_e_Lilli_Carati

Nel dopoguerra, ecco la direzione della Gazzetta e il passaggio al Giorno, che aveva avuto l’idea di puntare u Brera per l’edizione del lunedì, caratterizzata da molte pagine sportive. Fu preziosa penna anche del Giornale, di Repubblica e della testata francese l’Equipe. Scrisse 72 libri, che raccontano i pionieri dello sport, la vita selvatica delle campagne lombarde e quella frenetica della metropoli meneghina. Nel 1979 il suo libro “Il corpo della ragassa”, diventa un film, con la regia di Pasquale Festa Campanile e la presenza nel cast di Enrico Maria Salerno e di Lilli Carati.

Ma Gianni Brera è anche televisione: i suoi interventi graffianti alla Domenica Sportiva, piuttosto che al Processo del Lunedì, erano perle di saggezza pallonara, mai ascoltate dopo la sua morte.

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Qualcuno sosteneva che Gianni Brera fosse genoano, ma lui, alla domanda su quale squadra godesse della sua simpatia, rispondeva così, “io sostengo tutte le squadre della mia regione, sono lombardo-centrico e nazionalista lombardo…”. Parliamo di un giornalista colto e suggestivo, capace di scrivere una cronaca con gli epici contenuti utilizzati dal grande dotto, pur mantenendo una linearità di espressione comprensibile anche dagli umili.

# L’amore e odio con “l’abatino” Gianni Rivera

Il calciatore Gianni Rivera e l’allenatore Nereo Rocco del Milan negli spogliatoi per Inter-Milan, Milano, 22 ottobre 1967
(ArchiviFarabola/ANSA)

Leggendario fu il suo rapporto di amore e odio (reciproco) con Gianni Rivera, che Brera definiva “l’abatino”, per significare quella propensione (secondo il giornalista) a giocare un calcio lezioso e svenevole che irritava la penna pavese. Che amava invece il calcio col catenaccio, quello che, quando finiva la partita, si giudicavano i gol segnati non tanto sottolineando la bravura degli attaccanti ma le defaillance dei difensori.

# Cosa era il calcio per Gianni Brera

Gianni Brera

Quando a Brera gli si chiedeva, “ma il calcio è spettacolo?”, lui, quasi irritato, rispondeva, “il calcio è geometria, ed essendo la geometria una materia astratta, che stimola l’immaginazione e la fantasia, possiamo dire che il calcio sia fantasia”. 

“Il calcio è l’oppio dei popoli”, sosteneva Gianni Brera, ma con un approccio affettuoso e bonario (per il calcio), rispetto al severo attacco di Marx (alla religione).  Il giornalista proveniente dalla sponda sinistra del Po riteneva infatti che “lo sport è il transfert domenicale, che aiuta a vivere, scordandosi per due ore le preoccupazioni che minano i pensieri”.

Brera ci lasciò il 19 dicembre 1992, quando, in una fredda notte nel lodigiano, l’auto su cui viaggiava fu centrata da un altro veicolo, in un incidente che ci tolse uno dei testimoni più vivaci e raffinati del panorama culturale e del costume del nostro Paese.

FABIO BUFFA 

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Fabio Buffa
Nato ad Alessandria, classe 1969, nel 1988 sono entrato per la prima volta in una redazione giornalistica, per collaborare e fare gavetta al Piccolo di Alessandria. Sono pubblicista dal 1996 e ho collaborato per varie testate, sia come giornalista che come vignettista satirico e scrittore di freddure. Dal 1992 lavoro nel sociale.

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