In questi giorni cade il 30° anniversario della morte di Gianni Magni, uno dei pionieri del cabaret, fondatore del gruppo milanese dei Gufi e figura emblematica del palcoscenico artistico della nostra città. E non solo.
GIANNI MAGNI: il re del cabaret milanese
# Gli inizi della carriera
Magni (all’anagrafe Gianantonio) nacque a Milano il 16 maggio 1941; la sua era una famiglia di origini circensi. All’età di 12 anni esordisce a Teatro e, subito dopo, partecipa, assieme ad un giovane Nino Castelnuovo, a Ferruccio Soleri e Giancarlo Cobelli, alla trasmissione “Zurlì, mago del giovedì“, programma Rai che diede popolarità a Cino Tortorella, nella veste, appunto, del mago Zurlì. Ma Gianni Magni aveva sete di qualità artistica, così a 18 anni entra nella scuola di recitazione del Piccolo Teatro di Strehler.
Poco più che ventenne conosce Lino Patruno (un jazzista calabrese, salito a Milano per approfondire la sua passione musicale), Nanni Svampa (un laureato in Economia che traduceva le canzoni e le poesie di Georges Brassens, dal francese al dialetto milanese) e Roberto Brivio (uno chansonnier milanese da poco diplomatosi all’Accademia dei Filodrammatici) e con loro fonda “I Gufi”. Di questo quartetto, Gianni Magni è il personaggio più espressivo e caratteristico, con quella faccia elastica e i movimenti molleggiati da cartone animato
# Da “I Gufi” alla televisione
I Gufi, che rappresentano la prima formazione di cabaret in Italia, espressione di una milanesità comica e amara, graffiante e delicata, con un tocco di politica e di critica sociale, in poco tempo entrano in modo dirompente nell’attenzione di un pubblico sempre più ampio. Si sciolgono nel 1969 e Magni passa al cinema e alla televisione, con ruoli in diverse opere, tra cui, “Bianco, Rosso e…“, “Oh! Serafina“, “La Filibusta“, “Nel mondo di Alice” e nella trasmissione televisiva “La sberla“, il varietà del 1978 che lo rese celebre al grande pubblico.
Nel 1981 i Gufi si riuniscono e Magni aderisce in modo convinto a questo nuovo progetto artistico. Poi passa ad Antenna 3 Lombardia, prodomo degli imperi televisivi privati. Nel frattempo lavora come doppiatore, nelle pubblicità e, tre anni prima di mancare, scrive il libro “No (virgola) tu fai il rospo”.
# Il suo attaccamento a Milano
Muore a Milano, colpito da un infarto, il 16 luglio 1992, mentre passeggia in Piazza Duomo, pensando a nuovi progetti artistici. In un’intervista, rilasciata un anno prima di quel triste giorno d’estate, raccontava di come “Milano è cambiata, nel corso degli anni è diventata più frenetica meno pacata e, per me, meno preferibile“. Lui, cultore del dialetto milanese si rammaricava della mancanza di attenzione alle tradizioni linguistiche: “il dialetto sta sparendo, per me è una constatazione amara, visto che sono uno che si crogiola nel dialetto milanese: Del dialetto -continuava Magni- mi piace quel ruolo di sintesi dei concetti, il dialetto è coreografia e sonorità“.
Parole che suonano come un testamento all’insegna della valorizzazione della tradizione. Conoscendo Gianni Magni, una tradizione e una valorizzazione localistica non all’insegna della chiusura e del passato, anzi, come strumento di confronto e apertura culturale… verso il futuro.
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FABIO BUFFA
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