Ammalarsi di poliomielite, un secolo fa e ad un anno di età, era una sciagura destinata a segnare l’intera vita del malcapitato. Soprattutto se il virus, dentro l’organismo, acquisiva una virulenza feroce. Luciano, sin da bambino, con quell’andatura claudicante, eredità di quell’infame male, capì che la sua non sarebbe stata una vita “normale”. E come se non bastasse, a far piovere sul bagnato, c’era la povertà, ad allontanare ancor di più dalla realtà i sogni di un ragazzino, già segnato dalle conseguenze della “polio”.
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Luciano Tajoli, la stella milanese della musica melodica
# Nato nel Vigentino quando ancora era un comune autonomo
Quel giovinetto era nato in via Chiaravallese, quando quelle strade erano ancora sotto il comune di Vigentino. Nel 1923 diventò tutto Comune di Milano e via Bessarione sostituì la denominazione precedente. “Gli anni della mia prima giovinezza li ho trascorsi nella povertà, in famiglia vivevamo in cinque in una sola stanza, di un vecchio edificio a ringhiera, di quelli che avevano ancora il bagno sul ballatoio e in comune”. Queste sono le parole che Luciano confidò da adulto, durante una intervista che diventò una profonda riflessione sul proprio percorso di vita. Quel Luciano di cognome faceva Tajoli, era nato il 17 aprile del 1920, in quello che all’epoca era un paesone rurale aggrappato a Milano, per trasformarsi in un quartiere della periferia sud.
# Luciano, Milano, i sogni di un ragazzino e la poliomielite
«Attorno agli undici-dodici anni mi chiedevo spesso che cosa ne sarebbe stato di me, cosa avrei fatto nella vita, considerando che non potevo correre e giocare come gli altri bambini, a causa dei problemi alla deambulazione». Da adolescente svolge vari mestieri, ma tutti caratterizzati dall’esigenza di rimanere molto tempo in piedi e lui, fisicamente, non poteva farcela, «così mi misi a fare il calzolaio, mestiere che potevi svolgere anche da seduto».
Ancora tredicenne, accompagnava il padre nelle locande e, per caso, un giorno si mise a cantare, accorgendosi di avere una bella voce, tanto che gli avventori del locale lo spingono a mettersi in gioco nel mondo canoro. «Mi invitavano alle feste nuziali e i miei primi guadagni erano i confetti, poi arrivarono anche gli spiccioli ma quel che contava per me era accorgermi come la canzone mi facesse sentire vivo, mi permettesse di attirare l’attenzione degli altri e mi dimenticavo della mia disabilità».
La prima canzone che imparò a memoria fu “Balocchi e profumi”, scritta dal compositore napoletano Ermete Gaeta. Luciano la cantava nelle osterie dove andava il padre, poi passò ad esibirsi nei Caffè Concerto, dove venne ascoltato dagli addetti ai lavori di una casa discografica che si trovava in Galleria del Corso. Questi gli consigliano di migliorarsi prendendo lezioni di canto. Qui viene notato da Gian Vittorio Mascheroni (l’autore di “Stamilano”, “Papaveri e papere” e “Casetta in Canadà”) che propone a Tajoli diverse canzoni.
# La vittoria al Festival di Sanremo
Timbro tenorile, capacità di utilizzare la mezza voce abbinata al falsetto e una faccia a metà strada tra quella da schiaffi e quella da educato ragazzo di periferia, permisero a Luciano Tajoli di affermarsi come colonna portante della musica leggera melodica dagli anni quaranta agli anni settanta.
Ancora giovane, si accorse che il suo unico difetto vocale era utilizzare il microfono nel modo più opportuno, evitando che l’eccessiva estensione coprisse i virtuosismi canori. Perfezionato anche questo aspetto, ecco che la carriera del Tajoli inizia a galoppare come un giovane cavallo in una prateria sconfinata. “Buongiorno tristezza, amica della mia malinconia”, “una muta fontana e un balcone lassù, o chitarra romana accompagnami tu”, “mamma son tanto felice, perchè ritorno da te”, sono gli estratti di alcune delle canzoni rese famose dall’interprete milanese, che nel 1961, nel primo dei suoi quattro Festival di Sanremo, vince con il brano, “Al di là”.
# Nella sua carriera ha interpretato almeno 300 canzoni e partecipato a 20 film
Solo tra il 1939 e il 1941 incise circa sessanta 78 giri, dischi a doppia facciata, secondo l’invenzione della casa discografica tedesca Odeon, contenenti due canzoni. Tra le più popolari citiamo “Signorina dell’ufficio”, “Fiordaliso”, “Una carezza”, “Primavera romana”, seguirono poi innumerevoli altri dischi, che proposero “Spazzacamino”, “Balocchi e profumi”, “Luna Marinara”, “Canto dell’emigrante”.
La Rai Tv una persona claudicante nelle case degli italiani non la voleva proporre, “diciamo che la televisione di Stato per troppi anni mi ha dato picche, mi ha tenuto in naftalina, ciò mi ha consentito di conservarmi bene”, e infatti nel 1994 l’artista meneghino era ancora in piena attività con l’album “Miniera – e altri successi”. E’ impossibile fare una stima su quante canzoni abbia interpretato Tajoli, probabilmente non meno di trecento, ma nella sua carriera c’è stato anche il cinema, con la partecipazione a venti film, tra cui “La bisbetica domata”, “San Lorenzo” e “Il cantante misterioso”.
# Fu anche imprenditore agricolo
Ma fu anche un imprenditore agricolo, con la produzione, a Montecarlo di Lucca, del vino “Wadanna”, sulle etichette delle bottiglie era riportato il motto, “Wadanna, il vino che fa cantare”. E se lo diceva lui…
Tajoli ci lasciò il 3 agosto 1996, all’età di 76 anni, sconfitto da un tumore, due mesi prima si era esibito per l’ultima volta, nella cittadina di Merate.
FABIO BUFFA
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