“MILANO ha visto il suo Flash Forward con il Covid: si è vista MORTA”: intervista a FRANCESCO MAZZA, “Il veleno nella coda”

Per salvarla "toglierei la gestione della città ai politici"

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Francesco "Francio" Mazza

Quando penso a lui penso a un granchio. Se spezzate un granchio in due parti e provate a metterle in bocca, una sarà squisita, l’altra ributtante. Ecco, Francio è quello che non si perde mai la parte ributtante della vita.
Ha una proprietà di linguaggio da salotto dell’ottocento, quelli che per una parola sbagliata ci si ritrovava ad accopparsi sull’esterno, come Puskin, quella roba là. Un milanese autentico, di quelli quasi estinti, tipo i tifosi dell’Inter che non sono mai soddisfatti di come gioca anche se sta vincendo quattro a zero. Ha una critica e autocritica che penso non lo abbandonino neppure nel sonno, potrebbe trovare da ridire a Dio, soprattutto a Dio.

Più affascinato dalle sconfitte che dalle vittorie. Intelligenza sopraffina, umorismo che ti taglia a fettine, forse l’unica grande sfida che lo attende al varco è quello di alzare la coppa al cielo. Di iniziare a danzare con il lato bello della vita, di assaporare il lato buono del granchio.
Questo è Francesco “Francio” Mazza, almeno per come lo vedo io. E questo è il suo libro. Il veleno nella coda. Sulla copertina uno scorpione.

Qui il link al libro: Il veleno nella coda

“MILANO ha visto il suo Flash Forward con il Covid: si è vista MORTA”: intervista a FRANCESCO MAZZA, “Il veleno nella coda”

Francesco Mazza nato a Milano, scrittore, regista, milanese, autore degli Estremi Rimedi.

Chi è lo scorpione? È per te quello che per me è il granchio?

Lo scorpione è il padre. L’influenza dei genitori viene sempre quando meno te lo aspetti. Anche quando pensi di essertene liberato. Parlo sia dei padri biologici che dei padri intellettuali. Come gli scorpioni i padri hanno il veleno nella coda: nella vita rischi di rimanere fregato dall’influsso che i padri hanno su di te. La massima aspirazione è il parricidio, come diceva Freud.

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L’incipit del libro è un pugno in faccia: “Alle 8.03 della mattina del 4 settembre 2019, mia madre mi telefonò per dirmi che mio padre si era suicidato”. In quel momento che cosa hai provato che non hai descritto nel libro?

Felicità. Perché avevo trovato il finale migliore per il libro che stavo scrivendo. Ho iniziato a scrivere il libro nel 2015. Ogni volta che succedeva un evento che sconvolgeva la mia vita, come la malattia di mio padre o io che ho iniziato a lavorare da muratore, cambiava la prospettiva del libro. Io sono un grande fan dei Promessi Sposi: la lezione più grande è quella della Provvida Sventura, quando ti succede una cosa tremendamente negativa la devi trasformare in un evento positivo. Nel momento in cui mio padre si è suicidato era anche una cosa positiva perché mi obbligava a confrontarmi con qualcosa di enorme e rendeva il libro più interessante per il lettore.
Tant’è che la primissima persona che ho chiamato è stata l’editore del libro a cui ho detto: non possiamo andare in stampa perché ci devo lavorare ancora, mio padre si è suicidato.

Quanto ti senti figlio di tuo padre e quanto dello Zeitgeist dell’epoca?

Mia madre è la televisione. Come oggi è Instagram il genitore non binario di tutti gli adolescenti. L’influenza della tv sui ragazzi dagli anni ottanta in poi è qualcosa di enorme. L’etica me l’hanno insegnata i cartoni animati giapponesi. Un esempio è “Là sui monti con Annette”. Lucien è innamorato di Annette e lei è sul punto di cedere. Ma Lucien fa una gita con Dany, il suo amico che nella gita cade in un burrone e finisce paralizzato. Quindi il senso del cartone è il senso di colpa di Lucien e la ragazza che prova amore e odio verso Lucien con cui avrebbe voluto trascorrere la vita. Questo il senso delle 60 puntate che hanno un impatto sulla coscienza che un tempo poteva avere Kant. Oggi lo stesso ruolo l’ha Instagram. Si fanno tanti discorsi sulla famiglia, ma io penso che ogni individuo sia più influenzato dallo Zeitgeist in cui cresce più che dai genitori, chiunque essi siano.

Hai descritto la nostra come una generazione che non ha mai giocato veramente, che ha perso senza neppure entrare mai in campo. Che punti ha mancato secondo te la nostra generazione che avrebbero potuto modificare le cose?

Noi siamo inseriti in un contesto globale. Sono i temi in cui si parla in Francia, in UK, negli Stati Uniti. Negli anni ottanta si è immaginata una società, si è immaginato un futuro in cui il modello neoliberista dovesse avere una crescita perpetua. Invece di pensare che la seconda metà del novecento è un’anomalia, un periodo di crescita, senza guerra, di prosperità, qualcosa di mai visto e, forse, di irripetibile. L’anomalia erano quei pochi decenni in cui si pensava di essere arrivati alla stronzata della fine della storia. Sono state fatte delle scelte di politica economica che hanno plasmato il nostro immaginario, basate su un assunto completamente falso. L’economia ha smesso di crescere perché il mercato finisce, l’unica forma di vita basata sulla crescita senza sosta è la cellula del cancro.

La società nata negli anni ottanta pensava come la cellula del cancro, di crescere a dismisura, ma a un certo punto la fine è arrivata. Il problema è che non c’è un piano B. Come chi dice: con il Covid cambieremo. Ma come cambieremo? Le borse hanno continuato a crescere per chi siede nelle posizioni apicali. Noi siamo diventati lo scarto di un modello che non funzionava più, una generazione che si è dovuta arrangiare. Mentre chi ha vent’anni oggi, come mio fratello, è completamente disilluso. Ha un orizzonte limitato nel tempo e nello spazio.

Siamo a un momento di fine o di svolta?

Dal punto di vista economico una società si basa sul modello energetico. Noi siamo alla fine dell’era degli idrocarburi e all’alba di un’era in cui l’energia sarà prodotta in modo molto diverso. Di qui a un secolo un coinvolgimento nel paradigma energetico mondiale potrebbe portare al rimescolamento delle carte e quindi a una società completamente diversa. È per questo che i grandi burattinai del mondo parlano di green, tutto questo tema così importante viene banalizzato nelle piste ciclabili di Beppe Sala: rimango frastornato dalla nostra capacità di trasformare le cose serie in cialtronata.

questo tema così importante viene banalizzato nelle piste ciclabili di Beppe Sala: rimango frastornato dalla nostra capacità di trasformare le cose serie in cialtronata.

Il tuo romanzo in fondo sembra l’apologia della sconfitta.

Io sono Fra’ Cristoforo. La mia è solo provvida sventura. Nel 2002 io conducevo una trasmissione su Italia Uno. Se potessi scegliere sarei andato avanti a fare il conduttore Tv tutta la vita. Siccome non l’ho fatto ho dovuto celebrare la retorica dei perdenti. Ma ci tengo a sottolineare che perdere fa schifo. In spiaggia con Federica Nargi a Formentera ci starei davvero bene.

La rivalsa nei confronti dei vincenti come reazione alle sconfitte della vita. O alla mancanza di coraggio di provare a vincere. Credi sia un tipo di approccio molto diffuso che spiega il dilagare dell’odio sociale?

La società di massa crea due prodotti: frustrazione e invidia. Frustrazione perché moltiplica i sogni ma quasi nessuno li realizza. Invidia perché poi alimenta quel sentimento contro chi ce l’ha fatta.
Nella cucina della società di massa gli ingredienti sono questi. Poi arriva qualcuno che questi ingredienti si propone di cucinarli. Fortunatamente rispetto agli anni trenta del novecento abbiamo un sistema economico integrato e così non abbiamo il problema dell’annessione territoriale perché altrimenti non avremmo visto non solo un nazismo, ma molti di più. Quei messaggi della Berlino degli anni trenta erano qualcosa di simile a quello a cui assistiamo oggi, c’era una differenza di grado ma non di sostanza. Delegittimi le strutture intermedie dello Stato e ti rivolgi direttamente alla pancia del paese trovando legittimazione in quello.

Credits: milanotoday.it

Tornassi indietro c’è qualcosa che cambieresti per modificare l’esito degli eventi, per tuo padre o per la tua vita?

Questo ha a che fare con la dicotomia tra determinismo e libero arbitrio. C’è un film, The Family Man, dove Nicholas Cage interpreta un uomo di grande successo, ma si sente depresso e con la voglia di farla finita. Gli viene proposto di tornare indietro per modificare la sua vita. Però anche tornando indietro alla fine ripete le scelte cruciali e si ritrova alo stesso finale, la vita è come la canzone Samarcanda, ognuno arriva dove deve arrivare. Se ti cambio il percorso tu arrivi sempre allo stesso modo. 

Per il futuro di Milano dove interverresti in modo prioritario?

Il problema è immaginarsi il futuro. Se non lo immagini il futuro arriva e tu sei completamente impreparato. Il Covid è stato come la serie FlashForward che dopo poche puntate è stata chiusa. Dieci personaggi che vedevano trenta secondi della loro vita futura. Milano ha visto il suo Flash Forward con il Covid: si è vista morta. Come tutte le metropoli. Quel modello basato sulla crescita immobiliare fuori controllo, i grattacieli di proprietà di fondi e vuoti a metà, quello che veniva definito da Sala il secolo delle città non ha davanti un secolo di vita ma basta un colpo di vento per farlo crollare. Quando ci saranno le auto e treni senza conducenti che vanno a trecento all’ora, chi ci vivrà dentro a Milano? A quel punto lo spazio urbano si ridimensiona.
Abbiamo fatto tutte le battaglie contro le auto ma ora abbiamo scoperto che tra dieci anni le auto saranno tutte pulite. L’Italia diventerà l’hub dell’idrogeno, quindi le metropolitane che cosa le abbiamo costruite a fare? Avremo auto pulite, guidate da sole e sicure.

Milano ha visto il suo Flash Forward con il Covid: si è vista morta.

Io toglierei la gestione della città ai politici. Io sono per un tecnocrazia, Draghi è questa cosa qua e a tendere andremo verso questo.
La democrazia ha dimostrato di essere completamente hackerabile a causa della strumentalizzazione che la politica fa della frustrazione e della rabbia della gente, a causa della possibilità che i social danno alla politica di strumentalizzare frustrazione e rabbia della gente. Non si discute più sui fatti, ma su beghe ideologiche, come le battaglie identitarie, che sono solo retorica, una politica che non guarda neppure più all’oggi ma allo ieri, guarda a quello che la gente diceva ieri e cerca di compiacerla. Di fronte a questo cambiamento, la politica è incapace. Clonerei Mario Draghi e ne metterei ognuno a capo di un comune o di una grande metropoli.

Nel libro inizi dalla fine: finiamo dall’inizio.

Alle medie. Con la maestra di informatica. Prendeva a pugni il computer, gli diceva “dai pelandrone, è ora di lavorare”. In quell’immagine c’era l’immagine dell’Italia nei decenni a venire. L’incapacità dell’Italia davanti al progresso. La professoressa di informatica che prendeva a botte il computer per farlo funzionare. Guardando lei, ho cercato in tutta la vita di non fare come lei, sfruttando il buono che abbiamo noi italiani ma stando lontano dalle componenti negative. Quando l’Italiano è solo ha la possibilità di diventare Leonardo Da Vinci. Per questo vivo da solo. Non sto diventando Leonardo Da Vinci ma mi sto divertendo molto.

Qui il link al libro: Il veleno nella coda

Continua la lettura con: Ci salveranno quelli che remano controcorrente. Intervista a Enrico Ruggeri

ANDREA ZOPPOLATO

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Andrea Zoppolato
Più che in destra e sinistra (categorie ottocentesche) credo nel rispetto della natura e nel diritto-dovere di ogni essere umano di realizzare le sue potenzialità, contribuendo a rendere migliore il mondo di cui fa parte.