“L’adesione al progetto è stata pressoché unanime. Praticamente ogni musicista interpellato ne ha coinvolti altri che hanno condiviso ricordi e aperto archivi. Il problema, a un certo punto, è stato dare un confine al libro, perché non volevamo un’enciclopedia”, racconta Luca Fassina. Milano sound system curato da Luca Fassina, giornalista musicale, e Luca Crovi, critico musicale e scrittore di gialli, infatti è un lungo, disordinato e sentimentale viaggio nella storia della musica milanese dell’ultimo secolo.
“Questo è il SUONO di MILANO”: il VIAGGIO di LUCA FASSINA nella storia della MUSICA MILANESE
L’appuntamento con Luca Fassina è al caffé del Salumiere in Ripamonti. “Un posticino a cui sono affezionatissimo, abito in zona. Bar con annessa salumeria e latteria. Da non confondere con Il Salumaio di Montenapoleone!”. Luca ha portato una copia del libro (peso di qualche chilo, formato pdf – 484 Kb) autografata tra gli altri da Riki Gianco, Mussida, Gianni Biondillo, Cochi Ponzoni, Folco Orselli, Claudio Sanfilippo, Fabio Treves, Enrico Intra, Alberto Camerini, Enrico Ruggeri, Franz Di Cioccio.
# Luca, qual è il suono di Milano?
Una “jam session”, come dice Luca Crovi nella prefazione del libro. Un insieme di suoni. Lo è sempre stata, Milano, un originale melting pot di persone che “suonano” insieme, improvvisando accordi, ritmi, timbri in continua evoluzione. Milano è una grande fabbrica stratificata nel tempo, dove ogni ampliamento si è aggiunto alla fase precedente senza distruggerla. È il risultato di una stratificazione architettonica e urbanistica visibile, in continuo divenire: dalle rovine romane, alle mura spagnole, ai palazzi iconici del primo Novecento allo skyline di oggi. Amo questo melting pot culturale, sociale e politico che è Milano. Milano è sempre stato un luogo che ha fatto da collettore per più voci, a partire dalla canzone “milanese’’– come persino l’inno meneghino “Oh mia bela Madunina’’ nasce a Napoli e arriva nel capoluogo lombardo. La città, poi, è passata dall’epoca dei cantautori e del jazz ed è giunta fino al rock e al metal. Ci sono dei quartieri dove la multietnicità e l’integrazione hanno funzionato. Un bellissimo esempio di integrazione che sfocia nell’arte è l’orchestra di Via Padova, ensemble multietnico milanese attivo dal 2006 nato da una idea del chitarrista Massimo Latronico, fondatore e direttore artistico dell’Orchestra. Una ventina di musicisti provenienti da tutto il mondo, da Cuba all’Ucraina, dal Nord Africa alla Serbia.
# Il primo luogo da cui parte il libro è la Scala, e un anno, il 1922, quello in cui Arturo Toscanini si rifiutò di suonare la fascista “Giovinezza’’
La Scala è il tempio della musica a Milano e in Italia. E al teatro sono legati molti aneddoti curiosi anche nel libro. Eugenio Finardi ci racconta che sua mamma Eloise, cantante lirica americana venuta in Italia che sognava di esibirsi alla Scala, era lì, in seconda galleria, ad assistere a un concerto, ebbe le doglie ma non lo disse a nessuno perché sperava che Eugenio nascesse nel teatro. Ciò non avvenne. Sua madre partorì poco dopo alla San Giuseppe. Il paradosso è che alla Scala il rocker ribelle si è esibito, con lei ultra-90enne ad applaudirlo tra il pubblico.
La madre di Eugenio Finardi sognava di farlo nascere alla Scala
# Lo stadio di San Siro è altrettanto fondamentale per la storia della musica “leggera” in città. Un concerto leggendario?
Il primo. Quello che Bob Marley tenne a San Siro il 27 giugno 1980. Riempì San Siro all’inverosimile di fan arrivati da tutta Italia. Ma fu soprattutto un grande rito “partecipativo” di massa: assiepati su due anelli (il terzo ancora non c’era) e sul prato, tantissimi a ballare al ritmo del suo reggae impegnato. Quell’evento musicale si concluse a notte fonda quando Bob Marley, insieme al suo staff e agli organizzatori, scesero sul prato del Meazza per giocare una partita di calcio.
# Un tempio della musica oggi al centro di discussioni accese per il suo destino
Sembra che il destino dello stadio sia ormai segnato. Il mio cuore è dalla parte di San Siro. Con l’addio al Meazza si perde anche un tempio della musica, che ha ospitato concerti leggendari e i più grandi artisti. Per questo è importante, se verrà abbattuto, che, lo spazio resti a vocazione musicale. Bisogna evitare che venga ridotto a un parcheggio per il nuovo stadio, una colata di cemento.
Qualunque sia il suo destino lo stadio dovrà restare uno spazio a vocazione musicale
# Quali sono i luoghi simbolo della musica di Milano?
Il Sunset Boulevard musicale della città è stata la Galleria del Corso, che è passata dalle storiche case discografiche alla cultura rap e hip hop degli anni Ottanta fino ai bar dove i talent scout cercavano artisti e gruppi da lanciare. E poi llMuretto, sotto i portici di largo Corsia dei Servi nei primi anni Novanta ci trovavi sempre una compagnia di ragazzi che venivano da quartieri diversi, da Quarto Oggiaro a Corvetto. Attorno a questo simbolo del mondo hip hop, si riunivano le crew, i breakers, gli skeaters e i rapper della scena milanese. Oggi qui non si ritrova più nessuno.
# La musica popolare milanese la raccontano anche i muri
A presidiare il quartiere Ortica, fra via San Faustino e via Rosso di San Secondo ci sono i volti di sette grandi della musica popolare che l’hanno cantata o vissuta: Ornella Vanoni, Enzo Jannacci, Dario Fo, Ivan Della Mea, Giorgio Strehler, Giorgio Gaber e Nanni Svampa sorridono nelle tonalità del rosso.
# Il libro è zeppo di aneddoti e foto inedite. Due chicche?
Fabio Treves, noto bluesman, ci ha raccontato regalato alcune foto di quando ha fotografato (con la leggendaria Kodak Instamatic) Jimi Hendrix in città: il 23 maggio 1968, al Piper, vicino alla Triennale. Eh sì, perché anche a Milano c’era il Piper, mica solo a Roma. Riuscì anche ad avvicinarsi a Jimi, e con il coraggio a due mani, in un improponibile inglese maccheronico, racconta “me ne uscii con la prima pirlata che mi passò per la mente: «Hi Jimi, Fabio is my name, I was born the 27 November, the same day of your birthday. Lui mi sorrise, mi allungò la mano, aveva una sigaretta perennemente tra le mani e se la portò all’angolo della bocca». Sul Cab 64 in via Santa Sofia, Cochi Ponzoni svela aneddoti rari, come i primi passi di un giovane Franco Battiato arrivato nel 1964 dalla Sicilia per esordire su quel palco: «Era spaesato. Noi lo chiamavamo “Ciòaddire” perché qualunque cosa si dicesse, ad esempio: “Hai mangiato oggi?”; rispondeva: “Ciò a dire?”».
“Ciòaddire”, il primo soprannome di Battiato
# Le canzoni su Milano sono tante, nel volume ne vengono proposte cento. La tua play list random?
Nustalgia de Milan, di Giovanni Danzi. La cantavano i fratelli di mio nonno, avevano creato il trio Fassina e andavano in giro per osterie e trani, hanno fatto anche un 45 giri non si sa bene per quale casa discografica, forse poteva essere la Voce del padrone. Ma mì, cantata da Ornella Vanoni. Faceva il palo, firmata da Walter Valdi e Enzo Jannacci. La Gallina di Cochi e Renato. Umorismo surreale e nonsense misto ad elementi di satira sociale e di costume. Il Nilo nel Naviglio di Mahmood. Madunina del rapper Nerone. Quartiere Otto (Qt8) cantato dalla Premiata Forneria Marconi). Porta Romana di Giorgio Gaber. La Fabbrica degli Stormy Six. Milano chiama di Eugenio Finardi, Demo nello stereo di Fabri Fibra (“Metà Milano rappa come Guè, l’altra come Marracash”). Per inciso grande il concerto sul palco del Carroponte di Sesto nel 2022.
# Il tuo primo concerto?
Al teatro Tenda. Nel 1985, suonavano i Vanadium, un gruppo heavy metal, massima espressione di rock. Cinque musicisti milanesi: Pino Scotto, Ruggero Zanolini, Stefano Tessarin, Mimmo Prantera, e Lio Mascheroni. Tutti i brani cantati in inglese. Tutti rigorosamente vestiti con il classico “chiodo”, il giubbotto nero da motociclista. Si sciolsero nel 1990, ma certamente sono stati la più importante band di heavy-hard rock & blues italiana degli anni ’80. Avevano scelto il pugno chiuso e la chiave inglese come simbolo (che la diceva lunga sull’origine “operaia” della band). Anni dopo avrei scritto su di loro una biografia.
# Il locale che più ti manca
Il Rolling Stone in corso Ventidue marzo. Ho cominciato a scrivere di musica nel ’90 e per me era la seconda casa. La musica era proposta dal mitico dj Marco Garavelli.
# Nuovi indirizzi?
Lo Spirit de Milan e il Nidaba, in via Emilio Gola, tra i pochi e veri locali di musica Live a Milano fra sonorità jazz, rock e blues. il Santeria Toscana 31 propone piccoli concerti nel suo cortile. Il punto, però, è che gli spazi dove si fa musica dal vivo rientrano spesso nelle categorie “discoteche” o “bar” e non sono considerati come luoghi di cultura, rimanendo così privi di tutele ed agevolazioni fiscali. E poi ci sono altre tre realtà interessanti: il Rock’N’Roll di via Bruschetti; l’Headbangers di via Tito Livio; l’Hard Rock Cafe di via Dante. Ma ripeto bisogna fare ancora di più per la musica live.
# Un posto che hai scoperto di recente?
La Cascina nascosta, dentro al parco Sempione, sotto la Torre Branca, si ascolta buona musica si mangia bene ogni ultimo sabato del mese, c’è “Discontinuo”, l’esposizione di dischi in vinile.
# Ti piace la visione della citta che sta nascendo con il format Next Re-generation?
Sono contento che la citta cresca, si sviluppi, che ci siano investimenti. Bene, la città dei grattaceli e delle Torri da record: mi chiedo però: come faranno a riempirli tutti, chi ci andrà abitare? Mi auguro che non siano solo speculazioni edilizie, voglio essere fiducioso: che la Rigenerazione urbana diventi rigenerazione umana, in grado di migliorare la qualità della vita.
# Il tuo augurio?
Riuscire a “ridare” la musica a chi la ama, la studia e la sa fare. Ci sono un sacco di spazi industriali abbandonati, che potrebbero essere riconvertiti alla musica, penso all’ex Macello di viale Molise, un’area di 150mila metri quadrati. Come ci sono locali dove lavorare in smart working, perché non immaginare uno spazio dedicato alla musica, una sala di musica ad esempio al piano terra dei grattaceli? La musica è vista come un semplice intrattenimento. Fare musica invece vuol dire anche incontrarsi, confrontarsi con culture (musicali) diverse facendole dialogare, cercare nuove strade, e trovare un percorso da condividere.
Il mio augurio è che la Rigenerazione urbana di Milano diventi rigenerazione umana
Milano sound system, curato da Luca Fassina e Luca Crovi. Oltre 300 pagine di interviste, fotografie, testimonianze, racconti, aneddoti, luoghi chiave per scoprire cent’anni di suoni all’ombra della Madonnina. Edito da About cities, progetto culturale ed editoriale della società di promozione e sviluppo immobiliare EuroMilano che si occupa di ristrutturazione di grandi aree come la Cascina Merlata.
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CRISTINA TIRINZONI
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