Entro il 15 ottobre il governo italiano dovrà presentare un piano per stanziare le risorse che arriveranno dal Recovery Fund. I giornali del Sud e i ministri del governo stanno facendo a gara per indirizzare i fondi nel Mezzogiorno, nonostante che l’area più colpita dal Covid sia la Lombardia e altre regioni del Nord.
Milano deve alzare la voce: al centro dell’area più colpita clinicamente ed economicamente deve essere al primo posto nella destinazione dei fondi europei per il rilancio post Covid. Ci sono almeno sette linee di azione che devono essere attivate con i fondi europei. Queste è la sesta: il grande sogno dei Navigli ma senza penalizzare la circolazione nella città che risulta la più colpita in Italia e la quarta in Europa (come da questo studio).
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Recovery Milano #6. IL GRANDE SOGNO DEI NAVIGLI: il progetto originario con tunnel e parcheggi sotterranei
Era stato il cavalla di battaglia di Beppe Sala per la candidatura a Sindaco: la riapertura dei Navigli. Purtroppo è rimasto solo nel programma elettorale. Eppure se realizzato con intelligenza potrebbe essere un progetto non solo desiderato dalla maggioranza dei milanesi ma che avrebbe un incidenza positiva sull’estetica della città, senza pregiudicare la mobilità o altri aspetti della vivibilità. In particolare se lo si integrasse con innovazione nella viabilità, come tunnel e parcheggi sotterranei.
L’Europa si è già espressa positivamente sul progetto. Perchè dunque non inserirlo nel piano per il Recovery Fund?
Ma vediamo le linee guida: il progetto originario e i tunnel per portare il traffico sotto la superficie.
# NAVIGLI riaperti al 100%: il progetto per ripristinare il primo sistema di canali navigabili d’Europa
Per più di 800 anni i Navigli sono stati un tratto distintivo di Milano, qualcosa di indissolubile dalla città, con le loro storie e le loro leggende. Per riportare Milano all’antica bellezza è stato proposto un piano parziale di riapertura e uno integrale. Entrambi al momento sono eclissati nell’ombra.
La riapertura parziale
Il primo obiettivo del progetto è ricostruire l’antica continuità idraulica della città: ripristinare le connessioni delle acque del Naviglio Martesana con la Darsena, la Vettabbia e il sistema di canali del Sud Milano.
I 5 tratti a cielo aperto
La prima fase dei lavori prevede la riapertura di cinque tratti per un totale di 2 km:
Tratto A Via Melchiorre Gioia
Con la realizzazione di una passeggiata a livello dell’acqua che consente di separare i percorsi ciclopedonali dal traffico.
Tratto B Conca dell’Incoronata
La sua riapertura valorizzerà la Conca, con il ripristino delle storiche porte leonardesche.
Tratto C Via Francesco Sforza
L’affaccio sul Naviglio della Ca’ Granda, oggi Università Statale.
Tratto D Piazza Vetra e via Molino delle Armi
Presso il Parco delle Basiliche.
Tratto Conca di Viarenna
Aprendo di nuovo all’acqua il passaggio sotto i bastioni, per completare la navigabilità sino alla Darsena.
La riapertura totale
La riapertura completa del canale navigabile avrebbe un’estensione totale di 7,7 chilometri, creando itinerari navigabili e ciclabili tra i fiumi Ticino e Adda.
Via San Marco, Tombun, Via Senato, Via Melchiorre Gioia fino a una rete che colleghi l’Adda con il Ticino: acqua come elemento di continuità dalle montagne al mare, con Milano al centro.
La riapertura sarebbe anche un progetto unico al mondo, portando l’esempio di una nuova visione urbanistica.
Grazie a pochi chilometri di canali riscoperti, si renderebbe possibile la futura navigazione da Locarno e Colcio fino a Venezia, attraverso la Darsena.
E i costi? Sembrano non proibitivi. Uno studio del Politecnico ha calcolato in meno di mezzo miliardo di euro il costo della riapertura.
Per unire l’esigenza estetica con quella di una città che deve comunque vivere e muoversi, il progetto di riapertura deve procedere di pari passo con quello di interventi per migliorare la viabilità. Uno di questi è il progetto di tunnel che dovrebbero portare le auto sotto il manto stradale, come avviene ad esempio a Lecco sulla falsariga di città come Toronto, Bruxelles o Stoccolma.
# I tunnel per portare le auto sotto la città
In Lombardia abbiamo il modello del tunnel della Valassina, una galleria urbana lunga 1805 metri, cifra che ne fa il tunnel del suo genere più lungo d’Italia e tra i più lunghi in Europa.
Tra il 2008 e il 2009 si parlò di mettere sotto terra traffico e smog milanesi grazie ad un tunnel di 4 km che avrebbe collegato piazza Repubblica con Forlanini, ispirandosi a Madrid o al gigantesco tunnel di San Cristóbal a Santiago, in Cile. Il costo all’epoca era stimato sugli 800 milioni di euro, ricavabili grazie alla formula del project financing, cioè capitali privati di italiani e stranieri che, in cambio della realizzazione dell’opera, avrebbero ricevuto la concessione del tunnel per 48 anni.
Si discusse anche di investire due miliardi di euro, dei quali il 40% pubblici, per un tunnel di 14.5 chilometri che dall’aeroporto di Linate avrebbe dovuto portare al quartiere dell’Expo, per poi concludersi a Molino Dorino.
Non se n’è fatto niente.
Con il recovery fund si potrebbe riproporre con forza questa idea, immaginando due tunnel passanti sotto al centro storico, il primo dall’Arco della Pace a piazza Medaglie d’Oro (un percorso di circa 4 km), il secondo da Porta Venezia a piazza Napoli (poco più di 5 km).
Risolvendo così l’annoso problema dell’inquinamento, a Milano ogni giorno transitano più di 470.000 macchine (al 2° posto in Italia, molto distaccata da Roma, e al 145° nel mondo), che arrivano ad arrecare per forza di cose disagio, causando congestionamenti e mal’aria.
# Parcheggi sotterranei e nei pressi dei capolinea della metropolitana
Infine insieme a tunnel bisogna anche agevolare chi arriva a Milano da fuori a lasciare l’auto per prendere la metropolitana. Una parte del Recovery Fund dovrà finanziare la realizzazione di maxi parcheggi a prezzi agevolati da realizzare nei pressi dei capolinea della metro, in modo da rendere facile e conveniente l’abbandono dell’auto.
# L’alternativa choc: trasformare Milano in una città stato (città regione) per finanziare questi progetti
Se come sembra le risorse previste per la nostra Regione, malgrado sia quella più colpita, saranno minoritarie, sarebbe opportuno concedere l’autonomia richiesta alla Regione Lombardia e soprattutto a Milano facendola diventare una città-regione in grado di gestirsi in piena libertà e trattenendo una buona fetta del residuo fiscale che ammonta a 56 miliardi, suddiviso in base al PIL o alla popolazione delle rispettive aree.
A Milano spetterebbero quindi fino a 11 miliardi di euro e potrebbe, tra le varie competenze che lo status di regione le mette a disposizione, accedere direttamente ai fondi messi a disposizioni dai bandi europei.
Ultima osservazione: perchè Milano non chiede che si adottino anche in Italia le regole europee per cui chi riceve più fondi, debba mettere in atto delle riforme per evitare che rimanga in un perenne stato di bisogno? Alle regioni e città italiane che ricevono più sussidi dovrebbero essere imposte le stesse regole che l’Europa vuole imporre all’Italia.
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ANDREA ZOPPOLATO
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