Stefano Boeri torna a parlare di un suo vecchio pallino: la città-arcipelago. Vediamo di cosa si tratta.
Milano città ARCIPELAGO: come potrebbe diventare una VENEZIA URBANA
# Milano come una “Venezia urbana”
Secondo Stefano Boeri Milano è pronta per estendere l’Area C fino in periferia, imitando così il progetto “The Big London”. Un vecchio pallino di Boeri è il modello della città-arcipelago, ovvero un sistema di aree pedonali viste come specie di isole ad accesso limitato e che, tutto intorno, sono interessate dal traffico veicolare privato.
L’ex Assessore di Milano, ne ha parlato durante la terza rassegna di incontri dedicati al tema del futuro, nel format “The Sweet Tomorrow”.
La visione di Boeri parte dalle considerazioni generali di Milano al giorno d’oggi. Durante i monitoraggi dedicati al traffico e alle auto, sostiene Boeri che il 60% delle auto risultano ferme, parcheggiate al lato della strada. Questo causa un ingombro sulla sede stradale e un «riscaldamento urbano nei mesi estivi».
L’idea è quindi quella di creare spazio in città, trovando posti auto altrove? Non proprio
# Una visione urbanistica anche se di difficile attuazione
Boeri sembra avvitarsi in una specie di cortocircuito, che ha come fine ultimo tassare i parcheggi e convertire la pavimentazione da asfalto a spazio verde con alberi.
Pur tenendo conto del problema traffico quotidiano (a Milano circolano in media oltre 1,5 milioni di auto ogni giorno), l’archistar trascura forse chi si muove fino in centro città con la propria auto, costretto dalla mancanza di alternative.
Stefano Boeri mette l’accento sull’operazione di Area C che si è trasformata in valori immobiliari più alti, a danno però di chi vive fuori città o in periferia che raggiungono il centro con mezzo privato, costretti di fatto dalla mancanza di una rete di TPL in grado di soddisfarne le esigenze.
L’idea è l’arcipelago di isole pedonali, insomma. Ma come passare dalla visione alla realizzazione «è un problema più politico che urbanistico».
# E i pendolari?
A chi non piacerebbe tornare, almeno in parte, alla vista di alcune foto in bianco e nero della “vecchia Milano”, in cui le strade sono sgombre, occupate da pedoni e senza auto parcheggiate ai lati della carreggiata? La risposta è scontata, un po’ meno ovvio è come arrivarci, partendo dai volumi di traffico generati sotto la Madonnina.
Durante The Sweet Tomorrow, a Boeri fa eco Federico Parolotto, Senior Partner di Mobility in Chain, il quale cerca di posizionare il focus sul traffico dei pendolari. In pratica Parolotto sostiene che «Fuori dalla cerchia di Milano c’è un mare di persone che non hanno accesso al trasporto pubblico e si spostano solo in auto. L’automobile necessariamente dovrà restare, la mobilità personale non si può negare» salvo poi affondare citando la visione di Mikael Colville-Andersen, che teorizza di fatto un abbandono della cultura dell’auto e dell’urbanizzazione che tale mezzo di trasporto ha imposto alle città. Andersen è un esperto urbanista, che lavora da decenni a fianco di amministrazioni cittadine per la realizzazione di città più bike-friendly.
# La città a misura di vita
Secondo Stefano Boeri Milano è pronta per accettare tutte queste trasformazioni, nonostante lui stesso ammetta che tutto il traffico è generato da spostamenti che provengono dai centri esterni, per le «persone della provincia che non hanno mezzi pubblici» cosa che li obbliga a dover prendere la vettura privata.
I milanesi saranno pronti per questo cambio di paradigma?
Senza indugi invitiamo l’amministrazione cittadina e i milanesi ad affrontare questa profonda riflessione, senza però cadere nella trappola della dichiarazione di guerra alle auto private.
# Il tema cruciale: più autonomia per avere più risorse per la città
Quello che Milano ha bisogno è, prima di tutto, capire come mantenere gran parte delle proprie risorse economiche e fiscali, da re-impiegare sul proprio territorio (La Città Metropolitana) e creare un arcipelago tra centro storico, periferia e città esterne al perimetro comunale, armonizzato da una rete di trasporto pubblico urbano ed extraurbano all’altezza delle grandi capitali estere, perché raggiungere un “dolce domani” non deve passare necessariamente da un “amaro presente”.
Continua la lettura con: La piazza più ignorata nel centro di Milano
LAURA LIONTI
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