Viaggiando all’estero, ci si rende conto che nel mondo Roma è ancora un punto di riferimento. C’è chi parla di Terza Roma e chi si proclama erede della Roma Antica. Tuttavia i primi a non avere questa consapevolezza siamo proprio noi. Ma perché? Qual è stata la grandezza di Roma? E, soprattutto, come possiamo essere noi a raccogliere questa eredità per tornare di nuovo grandi? Foto cover: @ig_rome IG
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Il futuro più grande di Roma
# Roma è un punto riferimento mondiale… ma i romani non lo sanno
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# La grande forza della Roma antica? La capacità di valorizzare le altre culture
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Se ci interroghiamo sul perché e il come Roma sia riuscita a influenzare il mondo a punto tale da essere, ancora oggi, riferimento per moltissimi Paesi esteri, la prima risposta che ci diamo è spontanea e banale: le capacità militari. Nulla di più sbagliato. Se volessimo basarci su questo parametro, dovremmo ammettere che Roma non fu neanche l’Impero più vasto della storia. E non possiamo associare il successo di Roma neanche alla sua durata. Ma quindi, escluse queste caratteristiche, a cosa possiamo associare il successo di Roma nel tempo e nello spazio? La capacità di valorizzare le culture altrui: il metodo con cui gli antichi romani hanno amministrato i territori conquistati e convissuto con le relative popolazioni. Campioni d’integrazione infatti, i romani hanno sempre saputo soggiogare le genti conquistate preservando e valorizzandone usi e costumi, riuscendo talvolta anche ad assimilarli e farli propri. Se la filosofia greca ha goduto di una certa notorietà, lo deve certamente alla capacità degli antichi romani di averla colta e valorizzata. Così come il cristianesimo ha conosciuto il suo periodo di massima espansione grazie alle leggi dell’Impero che ne fecero religione ufficiale. Quindi gli ingredienti segreti del successo di Roma sono preservazione e valorizzazione. Ma quanto rimane di queste capacità ai romani di oggi? E quanto sappiamo realmente sfruttarle?
# I romani di oggi non sono all’altezza della Roma Antica
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Nonostante i continui tentativi, nel passato e nel presente, di appropriarsi dell’eredità di Roma da parte di più soggetti, i cittadini della Capitale d’Italia rimangono gli unici a poter vantare i natali nel luogo che fu, effettivamente, il cuore dell’Impero. E qui a Roma, l’Impero Romano, si respira ancora. Basterebbe farsi una passeggiata ai Fori Imperiali, passare sotto il Colosseo o ripercorrere i famosi 7 colli per immergersi, quasi totalmente, in quell’atmosfera magica ed evocativa che solo questa città può offrirti. Tuttavia noi romani non sappiamo cogliere né valorizzare l’eccezionalità che viviamo tutti i giorni. Noi, che certamente siamo romani, non ci accorgiamo che non sappiamo come vorremmo essere romani, che ci manca una progettualità per il futuro. Una ricetta concreta ovviamente non c’è, o almeno non ancora. Ma possiamo e dobbiamo individuare l’origine della nostra mancanza di progettualità nella nostra mentalità, forse troppo abituata alla bellezza che ci circonda da non porsi il problema di pianificare il futuro. O, peggio, aspettare che sia qualcun altro a offrirci l’occasione. Si può dire, insomma, che quell’eccezionalità ricercata e riconosciuta all’estero, noi l’abbiamo nel DNA ma non ce ne accorgiamo e, di conseguenza, non la sfruttiamo. Questo atteggiamento, però, ci fa lentamente perdere quel primato che dobbiamo a tutti i costi recuperare, ma come?
# La Via della nuova Roma
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Se dobbiamo pensare a un passato fruibile nel presente, non possiamo ragionare in chiave conservativa. Dunque ciò che ci è trasmesso, attraverso le testimonianze immobili delle rovine, è una mentalità pragmatica e propositiva che abbiamo perso. Per recuperarla, e quindi imparare dal passato, serve invertire la rotta. Invece di attendere una soluzione, trovare una proposta. Invece di vivere di rendita, inventare qualcosa di nuovo. Invece di farci rappresentare da una gloria passata, impegnarci a rappresentare la grandezza di Roma Antica nel nostro presente: ritornando a valorizzare le più alte espressioni di intelligenza umana considerando come confini il mondo intero. E non il Grande Raccordo Anulare.
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RAFFAELE PERGOLIZZI
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