Bonvesin De La Riva diceva: “Questa stessa città ha forma circolare, a modo di un cerchio: tale mirabile rotondità è il segno della sua perfezione”.
È impossibile confondere la descrizione di Milano, una città la cui pianta ricorda esattamente gli anelli concentrici della sezione di un albero. Infatti, partendo dal “cuore” del centro storico, Milano mostra la sua età sotto forma di espansione circolare verso l’esterno, arrivando ad uno dei confini mentali che divide la città: la “circonvalla”. Nonché la casa dell’unico mezzo di trasporto che proprio non riesce a stare al passo della tecnologia e dell’innovazione, mostrandosi sempre un po’ vintage: la filovia, un anello di congiunzione tra i territori e le epoche storiche di Milano, un dinosauro sopravvissuto agli eventi della storia recente.
Buon 115° ANNIVERSARIO alla nostra FILOVIA: i MODELLI gloriosi che hanno fatto la storia di Milano
Chissà quanti segreti potrebbe rivelare se potesse raccontare le storie che ha trasportato nei 115 anni di matrimonio con Milano. Di certo, ne ha ascoltate tantissime in 40,4 km di linea elettrificata a 600V, 65 fermate, capolinea e oltre 130 veicoli filoviari, operativi 24/7.
# La speranza dell’Expo 1906
L’Esposizione Internazionale di Milano del 1906 era incentrata sui trasporti anche per festeggiare il completamento del traforo del Sempione. Nell’area espositiva non poteva mancare un mezzo di trasporto innovativo: la prima filovia. Affidata alla ditta STE, introduce la volontà di percorrere un perimetro più ampio, quello esterno ai padiglioni.
La vettura presentava già l’utilizzo dell’asta unica per l’allaccio alla corrente, assicurato tramite il “Cantono-Frigerio”, un carrello a quattro ruotine. Si trattava di un modello con gomme piene, inadatto per i tragitti urbani dell’epoca. Infatti, si dovette aspettare il 1933 per avere un’effettiva rete filoviaria a Milano.
# Un curioso rifiuto e la prima filovia, la 81, da Dergano a Loreto
Un’altra sperimentazione nel 1933 riguarda il filobus 488/CGE, modello che ricalcava design e dimensioni della Twin Coach in dotazione a Detroit, ma qui da noi marchiato FIAT.
È la matricola n.1 per la città di Milano, però stranamente mai immatricolato da ATM. Non è possibile sapere se il veicolo sia stato rispedito al mittente o mandato in dotazione a qualche altra città, ma sta di fatto che Milano lo rifiutò iniziando ad adottare le vetture delle Officine meccaniche Stigler carrozzate Macchi.
La prima storica linea è la 81, nata nel 1933 da Piazza Spotorno a Dergano. Le corse partivano vicino ai vecchi depositi della Società Anonima degli Omnibus, ormai in disuso, riadattando gli spazi per le filovie. Il percorso si allungò tra Loreto-Dergano ed oltre, fino ad essere soppressa nel 1943.
Negli anni prima della guerra si adottò anche un altro veicolo, il Turrinelli AT4/S per la seconda linea, la 82. Questi veicoli sono matricole ATM 301 e 302.
# La mitica Isotta Fraschini e le nuove linee
Isotta Fraschini è uno dei gioielli della Milano del passato, mai troppo celebrata, ma capace di mettere a disposizione tanti capolavori, acquistati oltre Oceano dalle più alte cariche politiche italiane del suo tempo. Invece, la Stanga è una carrozzeria padovana, dal 1920 tra le case che conferiscono grande impulso allo sviluppo delle vetture filoviarie. E così, tra il 1934 e il 1947, queste due eccellenze si unirono per creare il mitico TS40 che, con i numeri di matricola dal 121 al 130, fornì ad ATM le prime 10 filovie.
Dunque, a Milano nascono le linee 82 e 83 a conferma che la filovia ben si adatta agli spazi e alle esigenze di trasporto dei milanesi. Questi filobus, nati da Isotta Fraschini/Stanga e con il motore elettrico del Tecnomasio Italiano Brown Bover circolarono anche a Roma e in moltissime città italiane.
Per gli appassionati dei dati tecnici riportiamo dai registri della casa milanese che il TS40 “si contraddistingue per la presenza della guida a sinistra e di due porte estreme. I filobus montano il motore TIBB modello GLM 1273 da 120 CV, caratterizzato da un unico statore, ma con due indotti separati. L’avviatore è del tipo PAV 2, automatico elettropneumatico serie – parallelo ad accelerazione variabile con tre gradi di accelerazione”.
Prima di interrompere la progettazione delle filovie, Isotta Fraschini produsse uno dei primi mezzi elettrici a 3 assi e snodato, proprio come lo conosciamo anche oggi.
# Gli anni della Seconda guerra mondiale
Gli anni della Seconda guerra mondiale sono quelli più complicati, ma vedono l’apparizione di veicoli prodotti da industrie d’eccellenza. Ma fu il conflitto a far da cornice alle imprese milanesi. Per prima, nacque la collaborazione Ansaldo/Marelli, creatori di molte parti dei filobus. Poi, il T.I.B.B. ampliò il catalogo, fornendo parti ai mezzi elettrici su gomma. In più, l’Alfa Romeo si specializzò nella produzione di filovie partendo anche dal telaio di autoveicoli.
Fu la Breda l’unica a provare a realizzare tutto delle proprie filovie: telaio, motore, parti elettriche e, addirittura, a gestire delle linee filoviarie tramite la Società Anonima Esercizi Riuniti. Quando si dice che il troppo stroppia: il Breda è stato senza dubbio il filobus più brutto esteticamente e più fastidioso elettricamente. Esiste solo una fotografia di un esemplare a Milano, mai immatricolato. Talmente brutto che non ha circolato nemmeno nelle linee gestite dagli stessi costruttori.
Una curiosità di quegli anni: tutte le industrie milanesi fornitrici dei filobus per la città di Roma hanno mandato veicoli con numeri di matricola sempre e solo dispari.
Ma tra bombardamenti, requisizioni da parte dei tedeschi e perdite varie, la rete filoviaria risultò a fine guerra quasi del tutto dismessa, riprendendo quota negli anni del boom economico.
# Quando basta un soprannome per identificare un mito: il Vibertone
Se c’è un mezzo di trasporto che ha accompagnato la crescita e la stabilità di Milano dal 1958, questo è il Vibertone, la filovia milanese per eccellenza. In quegli anni, la Fiat ha così tante richieste da dover affidare la carrozzeria ad una ditta di Nichelino, la Viberti. E così, nasce questo delizioso e solenne 4 assi snodato, denominato CV12. Classica livrea bi-verde, guida a destra, 3 porte di cui una sola nella parte anteriore, per un totale di 95 filobus, utilizzati a pieno regime fino alla chiusura della stessa Viberti.
ATM li adottò con matricola dal 541 al 580 negli anni 1958-59, più le matricole dal 581 al 635 nel biennio 1964-65. Le linee filoviarie cittadine crescono fino ad avere l’84 nel tragitto Via Larga-Rogoredo, la 96/CD per la circolare interna destra o la 97/CS per la circolare interna sinistra.
In servizio sul Vibertone era possibile trovare l’autista e, fino al 3 marzo 1974, anche un bigliettaio. Salendo dalla porta posteriore in possesso del biglietto, il bigliettaio lo obliterava con un timbro di gomma inchiostrato nel tampone, altrimenti provvedeva a riscuotere il prezzo del tagliando dandone in cambio uno già obliterato.
I Vibertoni hanno tracciato la circonvallazione esterna che è stata chiamata in tutti i modi, fino ad arrivare alla numerazione definitiva di 90 e 91.
Nel 2018, in occasione di Book City e dell’85° anniversario del filobus a Milano, alcuni esperti e appassionati ATM hanno restaurato e tirato a lucido la vettura matricola 548, che ha girato di nuovo sui viali della circonvalla e ATM ha creato un biglietto celebrativo per l’occasione.
# La filovia del terzo millennio tra passato e futuro
Oggi, delle filovie rimangono soltanto la 90/91, la 92 e la 93. Tutte le altre risultano soppresse e sostituite da linee automobilistiche.
ATM ha messo in circolo altre vetture, più giovani del Vibertone, ma sempre risultate scadenti sia dal punto di vista del design sia del buon gusto in generale. Infatti, tutti i modelli adottati tra il 1990 e il 2000, tra cui i BREDABUS 4001/AEG, sono in fase di dismissione.
Attualmente, ci sono in servizio circa 130 filobus di cui forse solo il Cristalis/IRISBUS è il “meno peggio” del panorama veicoli ATM. Il fratellino brutto è senza dubbio il VanHool/AG300, il cui unico pregio è quello di non aver bisogno di un impianto di riscaldamento nel vano passeggeri, perché il suo motore scalda talmente da garantire in temperatura tutto il mezzo articolato. Il riscaldamento è solo per la cabina dell’autista, che non può congelare portando i milanesi al lavoro o a casa.
Ma dove può arrivare un mezzo di trasporto nato già vintage? Fin dagli anni ’70, ATM ha presentato un piano per rimuovere tutte le filovie e sostituirle con una metrotranvia. Ma questo piano non è mai stato realizzato. Certo è che il futuro ha bisogno di questo tipo di mezzo di trasporto intelligente, alimentato a corrente anziché combustibili fossili, per alleggerire l’aria di Milano da agenti inquinanti. Dovremmo chiedere a Palazzo Marino e ATM di indire al più presto un bando per il restyling del Vibertone e vedere, di nascosto, l’effetto che fa.
Ci sono giovani creativi e ingegneri che possono far felice la vecchia Milano con un rendering?
Continua la lettura con: La prima filovia della storia milanese è figlia dell’EXPO
LAURA LIONTI
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