PERCHÈ i TRENI GIAPPONESI hanno questi LUNGHI “NASI”? Potrebbero essere utili anche da noi?

In origine non erano così. Perché sono stati modificati e da cosa avrebbero preso spunto per la forma attuale

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shortycolossus-pixabay - Shinkansen

Le prime versioni avevano la parte anteriore completamente diversa. Scopriamo perché sono stati modificati i modelli successivi e da cosa avrebbero preso spunto i progettisti per la forma attuale.

PERCHÈ i TRENI GIAPPONESI hanno questi LUNGHI “NASI”? Potrebbero essere utili anche da noi?

# Da cosa deriva il soprannome di “bullett train”

Di Nessun autore leggibile automaticamente. Cassiopeia sweet presunto (secondo quanto affermano i diritti d’autore). – Nessuna fonte leggibile automaticamente. Presunta opera propria (secondo quanto affermano i diritti d’autore)., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3117011 – Shinkansen 0

Partiamo intanto dal soprannome dato ai treni dell’alta velocità giapponesi, gli Shinkansen, che nel corso dei decenni hanno visto evolvere la loro forma. “Bullet train”, in italiano treno proiettile, non si riferisce alle prestazioni di corsa dei convogli sui binari come si tenderebbe a pensare, ma alle fattezze del muso del mezzo nelle sue prime versioni. La parte anteriore era stata fatta infatti assomigliare in origine agli aerei di linea, quindi arrotondata, e pertanto sembrava il proiettile di una pistola.

# Il cambio obbligato del “muso” a causa del boom sonico

shortycolossus-pixabay – Shinkansen

La forma del treno non causava problemi di aerodinamicità all’aperto e il convoglio viaggiava tranquillamente a oltre 200 km/h. Un aspetto che però non era stato valutato durante la fase di progettazione era la presenza dei numerosi tunnel sulle linee ferroviarie e delle conseguenze provocate dal passaggio dei treni sia in ingresso che in uscita. In queste situazioni il muso arrotondato era un limite dato che non consentiva al convoglio di spingere velocemente tutta l’aria entrando e uscendo dalle gallerie, causando un forte scuotimento e un importante onda d’urto, come un piccolo boom sonico e un rumore talmente forte da essere percepito anche a chilometri di distanza.

La prima soluzione fu quella di ridurre la velocità prima dell’entrata e durante l’attraversamento della gallerie a 90 km/h, ma questo faceva perdere troppo tempo lungo il percorso. Per questo motivo si decise di cambiare la parte anteriore.

# Come il becco del Martin Pescatore

LubosHouska-pixabay – Martin Pescatore

La soluzione definitiva fu appunto quella di rimodellare la punta del treno allungandola, consentendo in questo modo all’aria di creare una scia attorno al treno e non generare quei botti spaventosi anche a velocità medie di oltre 300 km/h. Pare che Eiji Nakatsu, ingegnere e birdwatcher, prese spunto dalla natura e in particolar modo da un uccello per modificare in modo più efficiente i convogli giapponesi. Il lungo naso degli ultimi Shinkansen non sarebbe altro che una “copia” del becco del Martin Pescatore che, grazie alla sua forma stretta e lunga, riesce a tuffarsi nell’acqua per afferrare le sue prede senza arrecare il minimo disturbo.

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FABIO MARCOMIN

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Fabio Marcomin
Giornalista pubblicista. Laurea in Strategia e Comunicazione d’Impresa a Reggio Emilia. Il mio background: informatica, marketing e comunicazione. Curioso delle nuove tecnologie dalle criptovalute all'AI. Dal 2012 a Milano, per metà milanese da parte di madre, amante della città e appassionato di trasporti e architettura: ho scelto Milano per vivere e lavorare perché la ritengo la mia città ideale.