Trascrizione integrale del video del Direttore Andrea Zoppolato “L’estate di FILOSOFIA POLITICA – Prima puntata: IL FINE della POLITICA’”
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Introduzione: perchè l’ “estate di filosofia politica?”
Benvenuti all’estate di filosofia politica. Questi video sono introduttivi alla scuola di formazione politica che avverrà a fine settembre. La scuola di formazione politica è aperta a tutti quelli che pensano che, nella loro vita oltre che svolgere un’attività privata, vogliono svolgere attività pubblica, cioè di incidenza e di effetto sulla comunità. Sia come governanti che come semplici cittadini che hanno un effetto sugli altri. La scuola si snoderà su quattro ambiti, che sono gli ambiti di formazione che a nostro avviso ogni persona che svolge attività politica, macro o micro, deve conoscere, e che sono: la tecnica politica, la cultura politica intendendo proprio il tema del perché uno fa politica, l’economia politica intesa come creazione del valore che deve essere sempre alla base delle proprie scelte, valore in termini di benessere o valore economico, infine la psicologia politica, perché tutto, come si vedrà in questi video, tutto ciò che riguarda i gruppi di persone nasce sempre e comunque sia da dinamiche individuali.
Quindi, partendo da questo presupposto, perché questi video di filosofia politica? Perché a nostro avviso oggi la politica è carente proprio di filosofia, cioè la filosofia cos’è alla fine? Nel senso più radicale significa interrogarsi su dove si sta andando, sul fine in termini ontologici. Riprendendo il manuale guida del pensiero politico, il Principe di Machiavelli, la sua frase più nota è “Il fine giustifica i mezzi”.Togliendo l’aspetto morale di quelli che dicono che è un simbolo di opportunismo o altro, il fine giustifica i mezzi significa che se tu non conosci il fine, cioè dove stai andando, non c’è nessun criterio per giudicare i mezzi, cioè le decisioni. In questo senso serve parlare di filosofia politica cioè interrogarsi sui fini che si vogliono ottenere: questa è la base per poter a quel punto avere un criterio di giudizio, per capire se la politica sta facendo bene o sta facendo male, perché se no si scivola nell’ideologia o nella ricerca del consenso, che è quello che ad esempio a noi non ci interessa.
Il fine della politica
Quindi, partendo da questo il primo video non può che intitolarsi “Il fine della politica”. Qual è il fine della politica? Per capire il fine alla politica cerchiamo di capire e a riprendere il concetto di società, di quello che è un po’ il padre del pensiero politico moderno o meglio occidentale: Aristotele. Secondo Aristotele sostanzialmente la società si può suddividere in tre ambiti che sono: l’economia, la cultura e la politica, che anche oggi tutto ciò che riguarda l’umano lo si può far rientrare in uno di questi tre ambiti. Parlando di fine, qual è il fine di questi tre ambiti?
# L’economia
Il fine dell’economia è generare valore. Sempre riprendendo Aristotele, diceva che l’economia è la scienza della casa, oikos appunto in greco vuol dire casa. Diceva sostanzialmente che ci sono due modi per utilizzare il denaro: uno è un modo naturale che produce frutti positivi e l’altro è un modo innaturale che non produce frutti positivi. Il modo naturale per Aristotele è quello della creazione di valore attraverso lo scambio, cioè io utilizzo il denaro per ottenere un valore superiore rispetto al denaro utilizzato. In questo modo l’economia è accrescitiva perché se io ogni volta che utilizzo il denaro ottengo un bene che ha un valore superiore rispetto al denaro impiegato, l’economia cresce. Qual è invece il modo innaturale? Il modo innaturale è quello che si potrebbe definire non un scambio economico ma uno scambio monetario, cioè il dare denaro per un altro denaro. Cioè, io metto denaro ad esempio per ottenere un titolo di credito o per ottenere più denaro in futuro. Alla lunga secondo Aristotele questo produce dei problemi nella società, cioè una società che è esclusivamente per il denaro come fine, è una società che distrugge l’economia. Perché?
Qual è la differenza fra questi due modi? Prendiamo ad esempio un parco. A Milano abbiamo il Parco Sempione. Se vogliamo vedere un valore monetario, cioè una economia come valore monetario, l’amministrazione dovrebbe decidere, rispetto a un parco che non genera soldi, dovrebbe decidere di fare costruire palazzi sul terreno di questo parco. Dal punto di vista economico sarebbe un guadagno perché ci sarebbero i costruttori che pagano per questo terreno e a quel punto generano economia. Però cosa succederebbe? Se distruggi quel parco, è vero che nel brevissimo hai generato moneta, perché questi hanno pagato l’amministrazione, però se tu distruggi il Parco Sempione e ci costruisci le case, a quel punto cosa succede? Che aumenterà il traffico, si vivrà male e quindi a quel punto perderanno valore tutte le case della città, comprese anche quelle che sono state costruite nel parco.
Quindi puntando sul valore monetario alla fine secondo Aristotele si ha sempre un deprezzamento economico, cioè si perde. L’opposto invece succede considerando il valore economico: se noi prendiamo il parco, valore economico significa non il valore monetario, significa un benessere, significa che grazie al fatto che c’è un parco bellissimo nel centro della città, questo è un valore economico che si traduce anche in valore monetario, perché a quel punto per il fatto che questo parco determina miglioramenti nella qualità della vita, fa in modo che ci sia un incremento nei prezzi di tutte le case e di tutte le attività economiche. Quindi per Aristotele inseguire il valore economico determina sempre un vantaggio monetario, mentre l’opposto, inseguire un valore monetario, determina sempre un deprezzamento anche economico.
Inseguire il valore monetario significa anche creare una società basata su credito e debito e quindi alla lunga impoverisce, come tra l’altro gli antichi avevano inventato il concetto di giubileo, cioè il giubileo era che ogni cinquant’anni ad esempio nel mondo ebraico, ogni cinquanta anni c’era il giubileo che cancellava i debiti. Perché? Perché riprendendo Aristotele, un’economia basata sui soldi per i soldi determinava una divisione fra creditori e debitori, che nel breve può essere funzione del commercio e funzione del valore economico, ma alla lunga determina che il debitore finisce con il diventare uno schiavo del creditore. Lo vediamo politicamente perché in un’economia di questo tipo basata sul valore monetario delle cose, i paesi indebitati non solo devono pagare il debito, ma finisce che il creditore decide sul paese indebitato anche al di là del semplice ripagare il debito e quindi il paese indebitato perde anche una sua sovranità, i suoi poteri, con dei doveri che vanno oltre il semplice rapporto credito/debito. Quindi tornando ad Aristotele il fine dell’economia è la creazione del valore, quello che invece non è sano o meglio innaturale è il fine monetario.
# La cultura
Un secondo ambito nella società è quello della cultura. Qual è il fine della cultura? Il fine della cultura è quello di un arricchimento interiore, tutto ciò che aiuta una crescita interiore è cultura. Cultura infatti viene dal termine “coltura”, cioè della coltivazione: prendendo la metafora della coltivazione, rientrano nella cultura tutte quelle attività che in qualche modo coltivano l’interiorità dell’individuo, cioè hanno l’obiettivo della crescita interiore, dello sviluppo, dell’elevazione dell’individuo. Rientrano quindi nell’ambito della cultura tutti quegli ambiti che sono e intervengono interiormente, quindi l’istruzione, l’educazione, l’arte, la religione, tutto questo è cultura perché interviene sull’interiorità e dovrebbe favorire una crescita della persona.
# La politica
Infine arriviamo all’ultimo ambito della società: la politica. La politica secondo appunto Aristotele, si ha passando dalla casa allo Stato: più case formano un villaggio, più villaggi formano lo Stato. Il governo della stato viene identificato come politeia, che poi identificava anche la Costituzione. Politeia è l’organizzazione di uno stato, che per Aristotele a quel tempo coincideva con la polis cioè la forma più radicale di comunità e di stato era la città, la città stato. Quindi da polis e da politeia, dalla polis come comunità e da politeia come organizzazione della comunità, viene fuori la politica.
Qual è il fine della politica? Qua Aristotele è un punto in comune, diciamo con una saggezza universale, nel senso che per Aristotele la sana, la buona politeia, intesa anche come Costituzione, è quell’organizzazione delle attività umane che abbia come obiettivo la felicità delle persone. Machiavelli nel Principe col concetto de “il fine giustifica i mezzi” afferma che il sovrano, il principe, deve utilizzare tutti i mezzi per dare felicità ai suoi sudditi: non importa il bene o il male morale, tutto viene misurato sulla felicità dei sudditi. E questo è lo stesso modo di intendere il buon governo che avevano invece, tornando a molto più indietro, circa 1.700/1.800 anni prima di Cristo, i sovrani assiro- babilonesi, all’epoca tra delle prime città stato. I sovrani assiro-babilonesi si facevano ritrarre all’interno di giardini, nel senso che secondo quell’epoca il bravo sovrano era quello che creava il giardino migliore, giardino inteso come luogo ottimale che consente alle piante di generare buoni frutti. Ma quindi cosa significa, cosa sono queste piante e come si fa ottenere la felicità?
Tornando ad Aristotele, diceva che una società per essere felice deve essere virtuosa e per essere virtuosa deve essere fatta da cittadini virtuosi. Cosa significa? Per Aristotele la premessa dell virtù era la libertà. Un cittadino doveva essere libero, la libertà intesa come eleutheia. Il cittadino per essere felice deve essere libero di poter vivere la sua vita e deve essere anche politico, cioè deve avere la libertà di potere governare o, meglio, di partecipare alla vita pubblica. Quindi queste sono le due dimensioni anche perché il concetto di virtù per Aristotele è un concetto simile a quello dell’economia, cioè diceva che la virtù dà la felicità del cittadino: non è l’ottenimento di beni materiali, quelli non danno la felicità danno il piacere che è momentaneo, ma la felicità la si ottiene attraverso i cosiddetti beni immateriali e alla domanda quali sono questi beni immateriali che danno la felicità l’individuo, con Aristotele si chiude il cerchio: la felicità dell’individuo viene data dall’azione politica.
Per questo intendeva l’individuo come animale politico, perché diceva innanzitutto l’essere umano è un animale politico o animale sociale perché è portato naturalmente a mettersi insieme con i suoi simili per creare una comunità. E proprio perché ha questa inclinazione naturale a mettersi insieme con i suoi simili per creare la comunità, che una dimensione fondamentale anzi la dimensione fondamentale per ottenere la felicità dell’essere umano è la dimensione politica, cioè l’essere umano per essere felice oltre ad avere un’azione privata, deve esercitare l’azione politica, quella che ti dà felicità, cioè la misurazione della felicità è nell’impatto che tu hai sulla comunità.
Quindi sulla base di queste tre dimensioni abbiamo visto la politica e i suoi fini, la cultura, l’economia e la politica con i loro fini sulla base queste tre dimensioni. Domani analizzeremo il perché nella nostra epoca si può parlare di crisi della società.
ANDREA ZOPPOLATO
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